domenica 27 ottobre 2013

La cavalcata del Senegal 2002...e l'addio al suo condottiero!

Al giugno del 2002, l'unica squadra africana ad aver raggiunto i quarti di finale in un Mondiale era stato il Camerun ad Italia 90. Nessuno pensava che il Senegal, alla sua prima esperienza mondiale avesse potuto eguagliare questo primato...ma partiamo dall'inizio, dalla partita inaugurale del Mondiale nippo-coreano. Quella che vedeva in campo la squadra vincitrice quattro anni prima, la Francia ed il Senegal. Si pensava ad un esordio comodo per i francesi ed invece...cross di El-Hadji Diouf, deviazioni di Desailly, Petit e Barthez, la palla arriva a Boupa Diop che a porta vuota insacca, vince il Senegal 1-0! E' una folgorazione: il balletto intorno alla maglietta per festeggiare il gol, la velocità di Diouf che fa ammattire per tutta la partita i difensori francesi, la squadra che non ha mai disputato una partita ai mondiali e che si trova al 42° posto nel ranking FIFA che non teme i campioni del mondo francesi che schierano Zidane, Trezeguet, Henry, Vieira e Thuram. Dopo il clamoroso esordio, le attenzioni adesso sono tutte per il Senegal e per il suo modo di vivere; nel mondo troppo serioso del calcio, il Senegal è una mosca bianca: ritiro aperto a tutti (dalle mogli fino ai giornalisti), balli e canti fino al mattino con i tifosi. "Prima della partita con la Francia sono andato a dormire alle 4 di mattina. Non avevo sonno, cosa avrei dovuto fare?" ricorda Diouf.

El-Hadji Diouf
Il Senegal pareggia con la Danimarca (1-1 il risultato finale) e basterebbe un pareggio contro l'Uruguay per passare il turno: ma il Senegal esagera e chiude il primo tempo sul 3-0, reti di Fadiga e doppietta di Diop; nella ripresa si sveglia l'Uruguay ma Forlan e Recoba riescono solo a pareggiare la partita, a raggiungere la fase finale c'è il Senegal, Francia e Uruguay eliminate...
Khalilou Fadiga
Gli ottavi di finale contro la Svezia. A guidare l'attacco degli svedesi c'è Henrik Larsson (madre svedese da cui prende il cognome e padre africano, di Capo Verde) che porta in vantaggio i suoi con un colpo di testa su calcio d'angolo complice anche un uscita "a farfalle" del portiere Sylva. Ma Camara non ci sta e pareggia con un gol molto bello dal limite dell'area! Il resto della partita succede poco, entra un giovane Ibrahimovic (21 anni) ma la Svezia non riesce a segnare: si va a quella bruttissima invenzione del golden goal, chi segna per primo vince. Svensson va vicinissimo al golazo, ma colpisce il palo esterno dopo una bella veronica in area di rigore e allora Henri Camara decide di diventare un eroe nazionale: smarcato da un tacco di Thiaw e circondato da difensori svedesi, si libera quel tanto che basta per scoccare un tiro velenoso... Hedman superato, palo interno e gol. Senegal ai quarti! Contro la Turchia.

Forse i quarti di finale più inaspettati, con il pubblico giapponese del Nagai Stadium di Osaka che non sa per chi tifare (anche perché probabilmente non conoscono praticamente nessuno dei giocatori in campo). I tecnici adottano lo stesso modulo di gioco (4-3-2-1) e viene fuori una partita abbastanza piatta: le squadre capiscono l'importanza della posta in palio, le semifinali sono ad un passo. Il Senegal, abbastanza frenato o forse semplicemente stanco, riesce comunque a resistere alla pressione turca e i 90 minuti regolamentari finiscono 0-0. Ancora il golden gol, ma stavolta a gioire non sono i senegalesi: un contropiede velocissimo, cross dalla destra di Umit Davala e girata di Ilhan Mansiz. Il sogno è finito, sarà la Turchia ad affrontare il Brasile in semifinale. Ma sugli spalti i tifosi senegalesi continuano a cantare e ad osannare i loro eroi. Quel Senegal è entrato nell'immaginario collettivo: il talento di Diouf, i capelli lunghissimi del terzino Ferdinand Coly, Henri Camara e Khalilou Fadiga (acquistato dall'Inter nel 2003 ma poi impossibilitato a giocare a causa di problemi cardiaci). Il centrocampo con Boupa Diop e Diao. Insomma una gran bella squadra che giocava un buon calcio, libero e spensierato. Una squadra che aveva finito i medicinali perché pensava di restare pochi giorni, giusto per giocare le partite dei gironi e che invece è rimasta fino ai quarti di finale...facendosi regalare quello che serviva dalla squadra francese che sperava di rimanere molto più a lungo!
La squadra senegalese al Mondiale 2002
Pochi giorni fa è scomparso l'allenatore di questo piccolo miracolo, Bruno Metsu. Nato nel 1954 nel nord della Francia, dopo una mediocre carriera da calciatore diventa allenatore e come tanti allenatori francesi cerca fortuna con le squadre africane. Guida la Guinea nel 2000 ma solo per pochi mesi, perché diventa l'allenatore del Senegal: oltre ai Mondiali 2002, la nazionale sotto la sua guida arriva anche per la prima volta in finale di coppa d'Africa (persa solo ai rigori nel 2001 contro il Camerun). Arriva un ingaggio importante da parte di una squadra degli Emirati Arabi, l'Al-Ain. Metsu riesce anche a vincere nella prima stagione la Champions League asiatica (primo e per ora unico successo), oltre a due campionati degli Emirati. Si sposa con una musulmana e cambia il suo nome: diventerà Abdoul Karim. Allenerà in seguito anche le nazionali degli Emirati Arabi (2006-2008) e il Qatar (2008-2011). Nel 2012 sostituisce Diego Armando Maradona alla guida del Al Wasl, squadra di Dubai, salvo lasciare l'incarico a causa di un peggioramento delle sue condizioni fisiche. A luglio rilascia un'intervista all'Equipe in cui dichiara: "Sono andato a fare delle analisi del sangue e senza pensarci su mi dissero che ero in fase terminale a causa di un cancro al colon, al fegato e al polmone. Mi hanno dato tre mesi di vita. Lo choc fu enorme". Il 15 ottobre, l'allenatore che ha portato la nazionale senegalese a livelli impensabili è morto nella sua Coudekerque, dov'era nato 59 anni prima.

Bruno Metsu

martedì 22 ottobre 2013

Scommettiamo che...

...che il mio pargolo diventerà famoso?

Harry Wilson
Si sa che oltremanica scommettono su tutti gli argomenti possibili ed immaginabili. Adesso i familiari scommettono sull'esplosione dei loro giovani figli e nipoti e con un po' di fortuna possono incassare somme anche molto importanti! Pete Wilson, quando suo nipote aveva due anni, scommise 50 sterline sul suo esordio in nazionale. Con l'esordio quotato a 2500 il nonno ha incassato 125.000 sterline! Inoltre Wilson ha strappato a Gareth Bale il primato per l'esordio nella nazionale gallese esordendo a soli 16 anni e 207 giorni (contro i 16 anni e 315 giorni del neo acquisto del Real Madrid). Un esordio dettato dalla fretta perché il C.T. del Galles Chris Coleman, temeva che il collega inglese Roy Hodgson sfruttasse la nonna nata in Inghilterra e convocarlo per la sua nazionale. Rischio scongiurato nonostante le perplessità di un veterano del Galles come Craig Bellamy, che ha criticato la convocazione troppo affrettata senza la solita trafila delle nazionali giovanili...

Molto fiducioso sulle capacità del figlio anche il padre di Ryan Tunnicliffe, Mick, che quando il figlio aveva 9
Ryan Tunnicliffe
anni, puntò 100 sterline sull'esordio del figlio con il Manchester United: scommessa incassata quando il 26 settembre 2012, il figlio Ryan è subentrato a Vermijl nella vittoria contro il Newcastle per 2-1 in coppa di Lega. E con un assegno di 10.000 sterline che finisce nelle tasche del padre!
Stesso tipo di scommessa che aveva fatto anche uno zio di Rooney, che col nipote tredicenne aveva scommesso sul suo esordio al Mondiale del 2006, competizione a cui l'attaccante inglese a partecipato anche se in extremis visto un infortunio subìto qualche mese prima. Anche il padre del portiere Chris Kirkland ha vinto puntando sull'esordio in nazionale del figlio prima dei 30 anni: scommessa vinta, ma l'esordio di Kirkland in un'amichevole contro la Grecia nel 2006 è rimasta l'unica presenza per il giocatore...

domenica 13 ottobre 2013

Lo strano caso di Dr. Eriberto e Mr. Luciano

E' il 94esimo e c'è una punizione dal lato destro del campo e il Venezia deve rimontare un gol di Binotto. Tutta la squadra in area di rigore, compreso il portiere Taibi. Batte Enrico Buonocore. Cerca di attuare uno schema, ma la palla è talmente lenta che viene intercettata da uno dei due componenti della barriera, che inizia a correre verso la porta sguarnita. Il povero Sergio Volpi, cerca di fermarlo, prova a strappargli la maglietta, non ci riesce; allora prova a tranciargli le gambe: neanche sfiorato, troppo lento Volpi e troppo veloce questo ragazzo nero con la maglia gialla da trasferta del Bologna. Fa 80 metri, praticamente l'intero campo. Basta un tiro appena angolato per depositare in rete. L'unica cosa che ho pensato dopo questa cavalcata è stata: "Un infarto, un infarto, mioddio ho un infarto!!!"


C'è stato un periodo in cui Eriberto Conceiçao da Silva era il beniamino di noi tifosi del Bologna. Certo, non sapeva fare grandi cose, ma correva. Correva velocissimo. Era incostante, spesso sbagliava le cose più elementari e subito dopo faceva un dribbling impossibile. Poi quel periodo è finito: troppa vita notturna fuori dal campo (compreso un incidente sui viali che circondano la città, presi in contromano e corsa finita contro un'utilitaria), troppa indolenza sul campo. Allora nel 2000-01 è stato ceduto in serie B al Chievo, all'epoca sconosciuta squadra di un quartiere di Verona; 4 reti (il doppio di quelle segnate in due anni a Bologna) e arriva subito la promozione. Il primo anno in serie A è incredibile, sia per il Chievo che per Eriberto: 5° posto (e qualificazione alla coppa Uefa) per la squadra allenata da Delneri  e la consacrazione per il brasiliano. Con 4 reti e la fascia destra di sua proprietà, mentre sulla fascia sinistra gioca Thomas Manfredini, classe '70, cresciuto nelle giovanili della Juve e alla prima esperienza in serie A dopo tanta gavetta. Sono le frecce nere del Chievo e conquistano le attenzioni di tutte le grandi squadre. Particolarmente interessata è la Lazio che propone qualcosa come 24 milioni di euro per le due ali del Chievo (18 per Eriberto e 6 per Manfredini) più Emanuele Pesaresi. L'affare non va in porto perché il Bologna (che era ancora comproprietario del cartellino del giocatore) si mette di traverso, preferirebbe venderlo alla Juve per ricevere qualche giocatore in cambio. Le trattative sono estenuanti.


Poi in quell'estate 2002 succede qualcosa. Squilla il telefono di Campedelli, presidente del Chievo, dall'altro capo del telefono c'è l'ala brasiliana che da Rio de Janeiro confessa: "Non sono Eriberto. Mi chiamo Luciano Siqueira de Oliveira. Non sono nato il 21 gennaio 1979, ma il 3 dicembre 1975". Non ho l'età, canterebbe Gigliola Cinquetti. Dopo la rivelazione del giocatore cominciano a girare voci abbastanza preoccupanti, ad esempio di una banda di criminali che lo ricattava e minacciava di rivelare il segreto a tutti, ma a rivelare come sono andate le cose ci pensa lo stesso giocatore. Nel 1996, Luciano è un ragazzo povero che vuole entrare nelle giovanili del Palmeiras, storica big del calcio brasiliano, ma ha già 21 anni e non interessa più di tanto ai club brasiliani, un 17enne invece è molto più appetibile...

I quattro anni in più, gli consentono di imporsi sui veri ragazzini brasiliani e il suo nome comincia a circolare. Col Palmeiras vince una coppa del Brasile nel 1998 e in estate viene acquistato dal Bologna per 5 miliardi di dollari. Il resto è storia nota.
Il figlio nato nel 2000, non ha avuto il cognome del padre per tentare di tenere nascosto il cambio d'identità ma su pressione della moglie il giocatore si è liberato di questo peso e riappropriato della sua identità. Non c'erano ricatti, c'è stata semplicemente una fuga dalla povertà. Dopo un attimo di sbigottimento e rabbia, il presidente Campedelli (che sperava di ricavare dalla cessione del giocatore soldi vitali per le casse della società), tutto il Chievo e più in generale il mondo del calcio italiano, aspettano a braccia aperte il suo ritorno in Italia e gli mostrano una grande solidarietà, così come il suo compagno di fascia sinistra Manfredini (lui sì passato alla Lazio). Verrà squalificato (inizialmente per un anno, poi ridotta a sei mesi visto il pentimento e la collaborazione con la magistratura). Ma torna ed è molto più tranquillo, gioca anche 6 mesi all'Inter senza lasciare grandi ricordi. Dopo Sergio Pellissier è il giocatore che detiene più presenze in serie A nella storia del club, avendo vestito la maglia gialloblu per 231 volte...


"In effetti mi sembrava più vecchio, lo prendevamo sempre in giro per questo" il ricordo dell'ex compagno al Bologna, Gianluca Pagliuca

giovedì 10 ottobre 2013

Paolo Poggi: velocissimo e...introvabile!

La scorsa settimana, il centrocampista del Milan Sulley Muntari è andato in rete dopo soli venti secondi. Fa sempre scalpore segnare in così poco tempo, ma ci sono stati altri giocatori (in serie A e in campo internazionale) che hanno fatto meglio di Muntari. Ad esempio Marco Branca, che in un Udinese-Fiorentina del 1993 finito 4-0, l'attuale direttore sportivo dell'Inter impiegò solo 9 secondi e 1 decimo per battere il portiere viola Mareggini. Ma il record per ora appartiene ancora a Paolo Poggi: il 2 dicembre 2001, Poggi impiegò solo 8 secondi e 9 decimi e curiosamente la vittima era ancora la Fiorentina..."Otto secondi sono davvero pochi, mister Novellino non si era neanche seduto!", il  ricordo dell'attaccante piacentino.

Paolo Poggi, nato a Venezia classe '71, cresce nel vivaio della sua città ma debutta in serie A con il Torino. Sarà decisivo per la conquista della coppa Italia del 1993 (ultimo trofeo vinto dai granata), segnando in semifinale due reti ai rivali della Juventus, una all'andata (1-1 il risultato) e una al ritorno (2-2). Nel 1994 viene acquistato dall'Udinese (serie B) e arriva subito la promozione; non c'è dubbio che in Friuli vivrà gli anni migliori. Non è mai stato un grande goleador, piuttosto un attaccante che si sacrificava per la squadra ma nei suoi primi tre anni nella massima serie all'Udinese realizza rispettivamente 9, 13 e 10 reti, contribuendo a scrivere delle pagine bellissime per i bianconeri; infatti arrivano anche due partecipazioni alla coppa Uefa nel '97 e nel 2000 (5 presenze e un gol in totale).
D'altronde stiamo parlando di un tridente formato da Bierhoff, Amoroso e Poggi, un lusso per quegli anni! A metà della stagione 1999-2000 viene ceduto alla Roma (11 presenze senza nessuna rete) e visto che non trova spazio viene ceduto al Bari ma 4 gol non bastano ad evitare la retrocessione. Passa al Parma che lo gira in prestito al Piacenza, in quella stagione centra il record di cui sopra e con la squadra arriva ad un buon dodicesimo posto grazie anche ad un attacco cult: su tutti Dario Hubner capocannoniere del campionato con 24 gol, Carmine Gautieri ed Eusebio Di Francesco (in quella stagione raccolse 7 presenze senza reti anche Amauri)...Finita l'esperienza al Piacenza e a soli 31 anni compie una scelta coraggiosa, rinuncia ad un buono stipendio pur di raggiungere il suo Venezia in serie B (nonostante la squadra fosse appena stata spolpata dal presidente Zamparini, migrato a Palermo con molti giocatori): per andare agli allenamenti prendeva il vaporetto! "Mi hanno detto se ero matto. Rinunciare alla serie A per una squadra disastrata di serie B. Incomprensibile, secondo loro, sia dal punto di vista professionale che economico. Altri però l'hanno invece capita e apprezzata". Poi nel 2002-03 il ritorno con l'Ancona (e come compagno d'attacco ritrova Hubner) in serie A ma a gennaio è di nuovo al Venezia, poi finisce a Mantova in serie C1 (ancora insieme a Hubner!) che trascina in serie B e poi ai playoff per la promozione persi contro il Torino l'anno successivo. Chiude la carriera giocando tre anni nel Venezia che ripartiva dopo il fallimento e nel 2009 lascia il calcio.   

Ma Paolo Poggi 15 anni fa era famoso anche per un altro motivo: nel 1997 la Topps (marca di gomme da masticare) decide di lanciare una raccolta di figurine (tre all'interno di ogni confezione di gomme al costo di 100 lire) e un album che si poteva ritirare gratuitamente in tabaccheria e quelli che completavano l'album avrebbero ricevuto in cambio un pallone e una maglia della squadra del cuore. In effetti l'idea è buona e il successo è notevole: è facile vedere ragazzi che escono da scuola e spendono la loro esigua paghetta per comprarsi il maggior numero possibile di gomme e figurine (ogni riferimento al sottoscritto è puramente casuale). Il problema è che la maggior parte degli album è incompleta: non si trovano le figurine di Paolo Poggi e Sergio Volpi. Un dramma! Ragazzi che avevano diversi album quasi completi, voci incontrollate di amici che avevano trovato le figurine mitologiche, ragazzi del nord che credevano che Poggi & Volpi erano in commercio solo al sud (e viceversa). Poggi che ricordava quei giorni: "Mi ricordo che ogni allenamento venivano a chiedermi questa benedetta figurina, ma non sapevo come aiutarli". Un casino pazzesco, mancava solo un'interrogazione parlamentare (anche se c'è stata un'indagine del programma televisivo "Mi manda Lubrano", quando la stessa Topps ha ammesso in trasmissione che la tiratura delle due figurine era molto limitata, solamente 50-100 esemplari messi in circolazione). Insomma, album incompleto e niente maglia del Bologna: e chi se li scorda Poggi e Volpi?

Incubi.....

sabato 5 ottobre 2013

La foto della settimana - Ciprian Marica




Cosa c'è di strano in questa fotografia? Beh apparentemente niente. Il Getafe presenta il suo nuovo acquisto, l'attaccante rumeno Ciprian Marica. La particolarità sta proprio nel nome sulla maglietta al posto del cognome Marica: infatti il cognome del calciatore rumeno è molto simile alla parola che significa checca in spagnolo, "maricon"...

martedì 1 ottobre 2013

FRATELLI DI... - Marco Pecoraro Scanio

Tutti (non esageriamo...molti) conoscono Alfonso Pecoraro Scanio, ex leader dei Verdi ed ex Ministro delle Politiche agricole. Però non tutti sanno che suo fratello Marco per anni è stato il fratello famoso della famiglia.

Centrocampista cresciuto nelle giovanili dell'Inter (l'Inter non si fa mai scappare i grandi talenti...), debutta a
20 anni in serie A nel 1981-82 con l'Avellino. Viene mandato in prestito in C1 al Rimini dove incrocia...Arrigo Sacchi! Il profeta di Fusignano lo fa giocare tanto (29 presenze) e ottiene anche 3 gol. La stagione successiva ancora C1 stavolta con la Salernitana; le tre stagioni successive ritorna in Irpinia ma raccoglie poche presenze (15 in tutto), quindi scende di categoria e disputa due stagioni con Cagliari e Genoa. All'inizio della stagione 88-89 torna alla Salernitana in C1, e nel 1990 conquista la promozione in B. Ad ottobre del 1991 finisce all'Ancona e al termine di una bella stagione viene promosso in serie A, prima volta di sempre della squadra marchigiana in serie A. Promozione centrata al Dall'Ara di Bologna, davanti ad un incredibile folla di più di 10.000 tifosi che invasero la città, mostrando una passione incredibile nonostante la pioggia.

L'Ancona retrocede subito, ma nella stagione successiva (1993-94) riuscirà incredibilmente ad arrivare in finale di coppa Italia: dopo aver eliminato Giarre, Napoli, Avellino, Venezia e Torino, arrivano in finale contro la Sampdoria che all'epoca era una delle grandi del campionato, ma il formato della finale (andata e ritorno) concede poche possibilità ai biancorossi che riescono a pareggiare 0-0 in casa ma perdono 6-1 a Marassi (Gullit, doppietta di Lombardo, Vierchowod, Bertarelli ed Evani per la Samp, gol della bandiera di Lupo per l'Ancona).

Marco Pecoraro Scanio ad ottobre del 1994 si trasferisce al Lecce e a fine stagione annuncerà il suo ritiro dal calcio. E nel 2006 viene eletto Senatore.