Era esattamente 30 anni fa che la Juventus si laureava per la prima volta campione del Mondo grazie alla vittoria della coppa Intercontinentale.
Prima della partita
Solo pochi mesi prima la Juventus aveva vinto la sua prima Coppa dei Campioni contro il Liverpool, ma la morte di 39 tifosi prima dell’inizio della partita aveva inevitabilmente cambiato il clima attorno alla gara. Quella serata passerà tristemente alla storia come la serata della tragedia dell’Heysel, lo stadio di Bruxelles dove venne disputata la finale. Una vittoria sportiva in un clima surreale e drammatico, una vittoria a metà. E l’esultanza dopo il rigore decisivo realizzato da Michel Platini è sembrata poco adatta al contesto da brividi nel quale si disputava la partita.
L’albo d’oro della competizione non sorrideva alle squadre europee, l’ultima vittoria risale al lontano 1976, quando il Bayern Monaco aveva battuto il Cruzeiro; è risaputo che giocare contro le squadre sudamericane (e con quelle argentine in particolare) in quegli anni significava rischiare spesso di non riuscire a tornare a cassa con tutte le ossa integre. Insomma non è una partita facile quella che si prospetta per i bianconeri in quel di Tokyo. 62mila persone si presentano l’8 dicembre 1985 allo stadio Nazionale alle ore 12:00. Juventus-Argentinos Juniors può cominciare.
Il tabellino della partita:
Juventus: Stefano Tacconi; Gaetano Scirea (64′ Pioli), Sergio Brio, Luciano Favero, Antonio Cabrini – Lionello Manfredonia, Massimo Bonini – Massimo Mauro (78′ Massimo Briaschi) – Michael Laudrup Michel Platini, Aldo Serena. All. Giovanni Trapattoni.
Argentinos Juniors: Enrique Vidallé; José Luis Pavoni, Adrián Domenech, Carmelo Villalba – Sergio Batista, Jorge Olguin, Mario Videla, Emilio Commisso (86′ Renato Corsi) – Claudio Borghi, José Antonio Castro, Carlos Ereros (117′ Juan José Lopez). All. José Judica.
Reti: 55′ Ereros; 63′ Platini (rig.); 75′ Castro; 83′ Laudrup
Il campo da gioco è poco adatto ad una partita di calcio, per usare un eufemismo (ed infatti ci giocano anche a football americano). Inoltre è bagnato. Per il mister Giovanni Trapattoni “la palla rimbalza come se fosse un coniglio”. Auguri…
Si comincia ma il primo tempo non è eccezionale. Iniziativa agli argentini e la Juve che attende gli avversari e che una giocata di Platini cambi il destino della partita, cosa che per il momento non succede. Il secondo tempo invece è pirotecnico. Inizia meglio la Juve a cui viene annullato un gol di Michael Laudrup per fuorigioco, ma a passare in vantaggio è l’Argentinos: un pallone rifinito perfettamente da Videla, beffa la difesa juventina e lancia Ereros solo davanti a Tacconi che viene scavalcato con un pallonetto ben calibrato. Una straordinaria giocata di Borghi libera Ereros che mette in mezzo per Castro: è gol ma l’arbitro annulla ancora. La Juventus si butta in avanti in cerca il pareggio e lo trova quando Olguìn atterra in area Serena; Platini dagli 11 metri è glaciale: 1-1, non esulta neanche. Il francese sente che è il momento giusto per impadronirsi della partita: palla al limite dell’area, stop di petto, tocco di destro a scavalcare un avversario e tiro al volo senza far cadere il pallone: gol pazzesco, stavolta esulta eccome! Ma l’arbitro, il tedesco Volker Roth annulla ancora, questa volta inspiegabilmente. Sta di fatto che quello di Platini passa alla storia come “il gol annullato più bello di sempre”. L’arbitro è inflessibile e il trequartista francese non rimane altro che sdraiarsi sul terreno da gioco, con la mano che regge la testa; in questa immagine c’è tutto Platini…
La partita ormai si è infiammata: Claudio Borghi semina il panico e vedere le sue giocate non fa che aumentare i rimpianti per una carriera che avrebbe potuto e dovuto essere molto migliore di quella che è stata effettivamente. Al 75′ vede (e solo lui può vedere) un corridoio dove far passare il pallone per il velocissimo Castro che taglia la difesa bianconera e da posizione non facile beffa Tacconi con colpo sotto che si infila morbidamente sul secondo palo; probabilmente il portiere si aspettava una conclusione di potenza ed aveva chiuso correttamente il primo palo, ma il tocco di Castro è veramente molto pregevole e a 15 minuti dal termine l’Argentinos è di nuovo in vantaggio. Serve la giocata del campione per pareggiare la partita e la Juve ne ha due nei ruoli offensivi che possono colpire in qualunque momento: Platini e Laudrup. Da una brutta respinta della difesa argentina, la palla finisce al danese che vede Platini e detta il passaggio; l’assist è telecomandato e Laudrup, saltato il portiere Vidallé che lo sbilancia pericolosamente, riesce ad insaccare nonostante la posizione defilatissima!
Mancano ormai pochi minuti alla fine dei tempi regolamentari, ma le squadre sono esauste. Il bellissimo secondo tempo ha lasciato il segno sui giocatori; succederà poco altro, l’occasione migliore capita a Ereros, smarcato benissimo in mezzo all’area dal solito Borghi, ma il tiro è debolissimo e non c’entra neanche la porta.
Si va ai rigori!
Per la prima volta a decidere la Coppa Intercontinentale saranno i rigori. Cominciano i bianconeri e si presenta sul dischetto il ruvido stopper Sergio Brio: sassata senza troppi complimenti e rete. Olguìn spiazza Tacconi e Cabrini insacca col brivido; Batista invece tira piano e poco angolato, Tacconi para! Serena e Lopez segnano (anche se il portiere juventino stava per parare), chi sbaglia è a sorpresa Laudrup. Siamo sul 3-2 per la Juventus e si presenta sul dischetto Pavoni: rigore orribile, Tacconi non si butta neanche e para il secondo penalty della giornata. Platini spiazza Vidallé e la Juve conquista per la prima volta l’Intercontinentale. Il francese viene anche nominato miglior giocatore della partita.
Perché se ne parla ancora dopo 30 anni?
Ovviamente perché è stata la prima vittoria mondiale dei bianconeri, ma non solo. E’ stato il trionfo che ha cancellato la macchia dell’Heysel. E’ stata anche una bella partita con ottimi giocatori e gesti tecnici sopra la media. E sicuramente è stata una delle partite più belle e combattute della manifestazione.
In Argentina il giornale Clarin uscì con il titolo “Para recordar, por siempre” proprio per rimarcare la bella prova offerta dal club argentino che esce a testa altissima dalla partita. Come scritto all’inizio, negli anni precedenti le squadre argentine si erano fatte una brutta nomea, squadre di calci più che di calcio. Invece l’Argentinos disputò una signora partita. E’ stata la sublimazione del duello tra due scuole calcistiche, il calcio italiano e quello argentino, con le giocate di due fuoriclasse come Borghi e Platini ad illuminare la scena. Possiamo considerare la partita come uno dei momenti migliori della carriera di Borghi e come l’ultima recita da vero protagonista di Platini, che dopo aver vinto tutto si ritirerà senza più stimoli un anno e mezzo dopo.
La vittoria di Tokyo, ha regalato ad Antonio Cabrini e Gaetano Scirea il primato di diventare i primi giocatori ad aver conquistato tutte le principali manifestazioni di club (saranno raggiunti successivamente dai loro compagni Tacconi e Brio e più avanti ancora dall’olandese Danny Blind), mentre Trapattoni grazie al successo del 1985 è tuttora l’unico allenatore ad aver centrato questo traguardo.
La coppa del 1985 è stato anche il primo avvenimento sportivo a non essere trasmesso dalla RAI: la partita andò in onda su Canale 5 ma solo i telespettatori della Lombardia poterono assistere in esclusiva alla gara visto che le televisioni private non potevano trasmettere l’evento in diretta in tutta Italia. Venne poi trasmessa una replica in tarda serata che hanno potuto vedere in tutta Italia e che ha avuto una grande audience (attorno al 34% di share).
Ecco perché Juventus-Argentinos Jrs è “para recordar, por siempre”.
Fonti: Storie di calcio - Wikipedia - Clarìn
martedì 8 dicembre 2015
domenica 6 dicembre 2015
Ernie Crouch, addio ad un tifoso speciale
In questi giorni il mondo dell’Arsenal è in fibrillazione. Non tanto per i discreti risultati della squadra, quanto piuttosto per la scomparsa di un personaggio incredibile: Ernie Crouch.
Anche perché Crouch era molto di più di un semplice tifoso; era un punto di riferimento, era la memoria storica dell’Arsenal. Ha visto la prima partita nel lontano 1934. In più di 80 anni ne è passata di acqua sotto i ponti: da Herbert Chapman ad Arsene Wenger, dallo scomodo ma infuocato Highbury al lussuoso salotto dell’Emirates Stadium, dal “boring Arsenal” a “The invincibles” del 2003/04; tantissime cose sono cambiate nell’universo Arsenal, ma Ernie c’era sempre.
Ovviamente non è mancato il tweet di cordoglio da parte della società:
Crouch ha perso la vita proprio mentre si stava recando all’Emirates in occasione dell’ennesima partita dei biancorossi, poi vinta 3-1 contro il Sunderland; una folata di vento troppo forte, ha spinto l’esile corpo dell’anziano contro un bus che stava transitando in quel momento: per Crouch non c’è stato nulla da fare ed è morto poco dopo.
Aveva promesso al figlio che avrebbe smesso di seguire almeno le partite in trasferta: ovviamente domenica 29 novembre era a Norwich al seguito dell’Arsenal… Ma la cosa strana sarà non trovarlo in tribuna domenica prossima in occasione del match contro l’Aston Villa.
Anche perché Crouch era molto di più di un semplice tifoso; era un punto di riferimento, era la memoria storica dell’Arsenal. Ha visto la prima partita nel lontano 1934. In più di 80 anni ne è passata di acqua sotto i ponti: da Herbert Chapman ad Arsene Wenger, dallo scomodo ma infuocato Highbury al lussuoso salotto dell’Emirates Stadium, dal “boring Arsenal” a “The invincibles” del 2003/04; tantissime cose sono cambiate nell’universo Arsenal, ma Ernie c’era sempre.
Ovviamente non è mancato il tweet di cordoglio da parte della società:
Everyone at Arsenal Football Club is saddened to learn of the passing of lifelong fan Ernie Crouch. May he rest in peace.
Crouch ha perso la vita proprio mentre si stava recando all’Emirates in occasione dell’ennesima partita dei biancorossi, poi vinta 3-1 contro il Sunderland; una folata di vento troppo forte, ha spinto l’esile corpo dell’anziano contro un bus che stava transitando in quel momento: per Crouch non c’è stato nulla da fare ed è morto poco dopo.
Aveva promesso al figlio che avrebbe smesso di seguire almeno le partite in trasferta: ovviamente domenica 29 novembre era a Norwich al seguito dell’Arsenal… Ma la cosa strana sarà non trovarlo in tribuna domenica prossima in occasione del match contro l’Aston Villa.
domenica 29 novembre 2015
METEORE - Nello Russo
Puntate precedenti: Fabricio Coloccini
Difficile trovare una meteora più meteora di Nello Russo. La carriera di questo attaccante nato nel 1981 in un paese in provincia di Milano, è sostanzialmente riassumibile in un unico giorno: il 5 dicembre 1999. Dopo tutta la trafila nelle giovanili dell'Inter è arrivato il momento dell'esordio in prima squadra. L'Inter di quella stagione (32 giocatori in rosa!) aveva un reparto attaccanti incredibile: Ronaldo, Roberto Baggio, Christian Vieri, Alvaro Recoba e Ivan Zamorano (più Adrian Mutu acquistato durante il mercato invernale); difficile per un diciottenne trovare spazio in mezzo a questi campioni anche se per l'esordio di Russo si verificano alcune fortunate circostanze: 1) pochi giorni prima, il fenomeno brasiliano Ronaldo si ruppe il tendine rotuleo del ginocchio destro. Rientrerà cinque mesi dopo contro la Lazio, ma subirà un terribile infortunio che lo terrà lontano dai campi per un anno. 2) i pessimi rapporti tra Baggio e l'allenatore Lippi (di cui parlerò in un altro post)...
Torniamo a quel famoso 5 dicembre. Recoba apre le marcature con un bel gol segnato incredibilmente col destro (lui, mancino purosangue) e raddoppia Vieri sul filo del fuorigioco. 2-0 e l'Udinese che sembra piuttosto arrendevole. Secondo la tipica mentalità italiana, l'occasione ideale per far giocare qualche minuto ad un giovane per poi vantarsi in sala stampa (piuttosto che responsabilizzarli e farli partire dall'inizio della partita). Comunque Russo entra al 30' della ripresa al posto di Recoba; ultimo minuto della partita, Vieri parte col pallone in un'azione piuttosto confusa, la palla carambola a centro area e Russo insacca con un preciso diagonale che non lascia scampo a De Sanctis. Come farebbero tanti ragazzi che segnano all'esordio in prima squadra, è incredulo quando esulta, si mette le mani tra i capelli prima di essere travolto dai compagni...
Probabilmente in tanti hanno preso un abbaglio quel pomeriggio e hanno scambiato quel bravo calciatore per un campione che evidentemente non è. Forse quei paragoni letti sui giornali (Van Basten, Serena, Vieri) hanno fatto perdere la bussola al giovane milanese. Addirittura Baggio che si sente scavalcato da Russo nelle preferenze di Lippi (lo ha ammesso lui stesso nella sua biografia). Quello che è sicuro è che quel giorno di dicembre resta l'unica sua presenza in serie A (Lippi non lo ripropone più) e dalla stagione successiva comincia il giro d'Italia nella speranza di tornare da protagonista a San Siro.
Si comincia con la serie C: Lecco, Arezzo, Viterbese, Lumezzane...ma la tanto attesa consacrazione non arriva. A 24 anni arriva al Crotone in serie B, ci sarebbe ancora tempo per una svolta positiva, ma la carriera di Russo non decolla: Albinoleffe, Spezia, Pescara, Padova, ancora Crotone. Niente da fare, pochissimi gol segnati; torna in serie C al Monza ma dopo due stagioni il club brianzolo rescinde il contratto. Adesso Russo gioca coi dilettanti del Mapellobonate. Eppure potrà raccontare di essere stato allenato da Lippi, di aver giocato con Baggio e Ronaldo e di aver segnato al portiere che nel 2013-14 ha subìto meno gol...
Difficile trovare una meteora più meteora di Nello Russo. La carriera di questo attaccante nato nel 1981 in un paese in provincia di Milano, è sostanzialmente riassumibile in un unico giorno: il 5 dicembre 1999. Dopo tutta la trafila nelle giovanili dell'Inter è arrivato il momento dell'esordio in prima squadra. L'Inter di quella stagione (32 giocatori in rosa!) aveva un reparto attaccanti incredibile: Ronaldo, Roberto Baggio, Christian Vieri, Alvaro Recoba e Ivan Zamorano (più Adrian Mutu acquistato durante il mercato invernale); difficile per un diciottenne trovare spazio in mezzo a questi campioni anche se per l'esordio di Russo si verificano alcune fortunate circostanze: 1) pochi giorni prima, il fenomeno brasiliano Ronaldo si ruppe il tendine rotuleo del ginocchio destro. Rientrerà cinque mesi dopo contro la Lazio, ma subirà un terribile infortunio che lo terrà lontano dai campi per un anno. 2) i pessimi rapporti tra Baggio e l'allenatore Lippi (di cui parlerò in un altro post)...
Torniamo a quel famoso 5 dicembre. Recoba apre le marcature con un bel gol segnato incredibilmente col destro (lui, mancino purosangue) e raddoppia Vieri sul filo del fuorigioco. 2-0 e l'Udinese che sembra piuttosto arrendevole. Secondo la tipica mentalità italiana, l'occasione ideale per far giocare qualche minuto ad un giovane per poi vantarsi in sala stampa (piuttosto che responsabilizzarli e farli partire dall'inizio della partita). Comunque Russo entra al 30' della ripresa al posto di Recoba; ultimo minuto della partita, Vieri parte col pallone in un'azione piuttosto confusa, la palla carambola a centro area e Russo insacca con un preciso diagonale che non lascia scampo a De Sanctis. Come farebbero tanti ragazzi che segnano all'esordio in prima squadra, è incredulo quando esulta, si mette le mani tra i capelli prima di essere travolto dai compagni...
Probabilmente in tanti hanno preso un abbaglio quel pomeriggio e hanno scambiato quel bravo calciatore per un campione che evidentemente non è. Forse quei paragoni letti sui giornali (Van Basten, Serena, Vieri) hanno fatto perdere la bussola al giovane milanese. Addirittura Baggio che si sente scavalcato da Russo nelle preferenze di Lippi (lo ha ammesso lui stesso nella sua biografia). Quello che è sicuro è che quel giorno di dicembre resta l'unica sua presenza in serie A (Lippi non lo ripropone più) e dalla stagione successiva comincia il giro d'Italia nella speranza di tornare da protagonista a San Siro.
Si comincia con la serie C: Lecco, Arezzo, Viterbese, Lumezzane...ma la tanto attesa consacrazione non arriva. A 24 anni arriva al Crotone in serie B, ci sarebbe ancora tempo per una svolta positiva, ma la carriera di Russo non decolla: Albinoleffe, Spezia, Pescara, Padova, ancora Crotone. Niente da fare, pochissimi gol segnati; torna in serie C al Monza ma dopo due stagioni il club brianzolo rescinde il contratto. Adesso Russo gioca coi dilettanti del Mapellobonate. Eppure potrà raccontare di essere stato allenato da Lippi, di aver giocato con Baggio e Ronaldo e di aver segnato al portiere che nel 2013-14 ha subìto meno gol...
sabato 16 maggio 2015
Steven Gerrard, You'll Never Walk Alone!
Un cugino morto nella strage di Hillsborough. Il "treble" nella stagione 2000-01. Il rifiuto per il trasferimento al Chelsea nel 2004. La conquista l'anno successivo di una Champions League quasi impossibile (la rimonta da 0-3 contro il Milan). La ricerca disperata di un titolo che nella città dei Beatles manca da 25 anni, il campionato inglese; obiettivo che stava per essere raggiunto l'anno scorso, prima che una sua banale perdita di equilibrio, spalancasse la porta all'attaccante del Chelsea Demba Ba che realizza sotto la Kop e la strada del titolo prende la direzione di Manchester, sponda City. E' stato l'unico titolo che non ha vinto durante la sua carriera, perso per una banale scivolata.
Oggi, per l'ultima volta ad Anfield Road dopo 708 presenze, Steven Gerrard sentirà risuonare l'inno del Liverpool
Quando cammini nel bel mezzo di una tempesta tieni la testa bella alta e non aver paura del buio: alla fine della tempesta, c'è un cielo d'oro e la dolce canzone d'argento cantata dall'allodola.
Cammina nel vento, cammina nella pioggia, anche se i tuoi sogni
verranno gettati via o saranno falliti. Vai avanti, vai avanti con la speranza nel tuo cuore e non camminerai mai da solo.
NON CAMMINERAI MAI DA SOLO.
Vai avanti, vai avanti con la speranza nel tuo cuore
"Quando starò per morire, non portatemi all'ospedale, portatemi ad Anfield. Sono nato lì e morirò lì."
lunedì 4 maggio 2015
AMARCORD - Real e Juve, tutti i precedenti
Puntata precedente: gli ex giocatori di Real e Juve
Dopo aver esaminato i giocatori che sono passati tra Real e Juventus, vediamo i precedenti tra i due club. 16 partite, 8 vittorie per il Real, 1 pareggio e 7 vittorie per i bianconeri. Curiosamente sono di meno i gol segnati dai Blancos (16) rispetto a quelli della Juve (18). Il primo confronto risale al lontano 1962 in occasione di un quarto di finale; il primo confronto si gioca a Torino, ma è subito vittoria Madrid grazie alla "Saeta rubia" Alfredo Di Stefano, al ritorno la Juve pareggia i conti grazie ad Omar Sivori. A quei tempi non esistevano i tempi supplementari, quindi la settimana dopo si gioca la partita di spareggio, ma la vittoria del Real è netta (1-3). Prime tre partite e tre vittorie fuori casa!
Prima dell'incontro successivo passano 24 anni quando le due squadre si ritrovano per un incontro di secondo turno. Le reti di Butragueno e di Cabrini danno le vittorie, ma ai rigori passano gli spagnoli.
Nel 1996 i bianconeri riescono nell'impresa di ribaltare la sconfitta dell'andata (1-0 gol di Raul), il Delle Alpi è una bolgia grazie ad Alex Del Piero (su calcio di punizione che passa beffardo in mezzo alla barriera) e a un preciso diagonale di Michele Padovano. Per la Juventus a fine stagione arriverà la vittoria della seconda coppa Campioni della sua storia!
La vittoria più importante è quella messa a segno dal Real nella finale del 1998. All'Amsterdam Arena i madrileni vincono per la settima volta la coppa dalle grandi orecchie grazie ad un gol di Predrag Mijatovic: l'attaccante serbo è rapidissimo a sfruttare uno sfortunato rimpallo generato da un violento tiro di Roberto Carlos. Mijatovic però parte da una posizione di fuorigioco, anche se in campo quasi nessuno se ne accorge; partita brutta, in particolare deludono i due campioni più attesi, Del Piero e Raul autori di prestazioni davvero anonime.
Indimenticabile per la Juventus il ricordo delle semifinali 2003: il 2-1 dell'andata regalava ancora qualche possibilità, merito soprattutto del gol segnato da David Trezeguet a fine primo tempo; ma per passare il turno serviva una prestazione epica: Pavel Nedved è onnipotente, fa di tutto in campo e segna anche la terza rete che fissa il risultato su un impietoso 3-0 (troppo tardiva la rete dell'ex, Zinedine Zidane); ma un ingenuo fallo a centrocampo gli costa l'ammonizione e quindi la squalifica per la finale italiana col Milan: probabilmente la Juve ha perso in quel momento la finale...
Nel 2005 la Juventus di Capello estromette il Real agli ottavi. Per i bianconeri è la quarta vittoria di fila negli scontri ad eliminazione diretta (esclusa la finale del 1998); in pratica dopo gli scontri del '62 e dell'86, il Real è sempre stato eliminato dal club italiano...
Gli ultimi 4 incontri si sono verificati tutti durante i gironi preliminari. Nel 2008 a sorpresa due vittorie su due per la Juventus reduce dalla retrocessione di due anni prima in seguito a Calciopoli, da ricordare soprattutto la vittoria al Bernabeu del 25 novembre: doppietta di Del Piero e standing ovation del pubblico madrileno, un momento davvero da brividi.
Le ultime due partite risalgono al 2013: vittoria per il Real al Bernabeu e pareggio (unico in sedici precedenti) allo Juventus Stadium.
Dopo aver esaminato i giocatori che sono passati tra Real e Juventus, vediamo i precedenti tra i due club. 16 partite, 8 vittorie per il Real, 1 pareggio e 7 vittorie per i bianconeri. Curiosamente sono di meno i gol segnati dai Blancos (16) rispetto a quelli della Juve (18). Il primo confronto risale al lontano 1962 in occasione di un quarto di finale; il primo confronto si gioca a Torino, ma è subito vittoria Madrid grazie alla "Saeta rubia" Alfredo Di Stefano, al ritorno la Juve pareggia i conti grazie ad Omar Sivori. A quei tempi non esistevano i tempi supplementari, quindi la settimana dopo si gioca la partita di spareggio, ma la vittoria del Real è netta (1-3). Prime tre partite e tre vittorie fuori casa!
Prima dell'incontro successivo passano 24 anni quando le due squadre si ritrovano per un incontro di secondo turno. Le reti di Butragueno e di Cabrini danno le vittorie, ma ai rigori passano gli spagnoli.
Nel 1996 i bianconeri riescono nell'impresa di ribaltare la sconfitta dell'andata (1-0 gol di Raul), il Delle Alpi è una bolgia grazie ad Alex Del Piero (su calcio di punizione che passa beffardo in mezzo alla barriera) e a un preciso diagonale di Michele Padovano. Per la Juventus a fine stagione arriverà la vittoria della seconda coppa Campioni della sua storia!
La vittoria più importante è quella messa a segno dal Real nella finale del 1998. All'Amsterdam Arena i madrileni vincono per la settima volta la coppa dalle grandi orecchie grazie ad un gol di Predrag Mijatovic: l'attaccante serbo è rapidissimo a sfruttare uno sfortunato rimpallo generato da un violento tiro di Roberto Carlos. Mijatovic però parte da una posizione di fuorigioco, anche se in campo quasi nessuno se ne accorge; partita brutta, in particolare deludono i due campioni più attesi, Del Piero e Raul autori di prestazioni davvero anonime.
Mijatovic realizza il gol decisivo |
Nel 2005 la Juventus di Capello estromette il Real agli ottavi. Per i bianconeri è la quarta vittoria di fila negli scontri ad eliminazione diretta (esclusa la finale del 1998); in pratica dopo gli scontri del '62 e dell'86, il Real è sempre stato eliminato dal club italiano...
Gli ultimi 4 incontri si sono verificati tutti durante i gironi preliminari. Nel 2008 a sorpresa due vittorie su due per la Juventus reduce dalla retrocessione di due anni prima in seguito a Calciopoli, da ricordare soprattutto la vittoria al Bernabeu del 25 novembre: doppietta di Del Piero e standing ovation del pubblico madrileno, un momento davvero da brividi.
Del Piero esce dal campo e il Santiago Bernabeu è in piedi ad applaudirlo |
lunedì 27 aprile 2015
AMARCORD - Real e Juve
Quando si tratta di semifinali europee, è raro assistere a partite poco interessanti. Solo per il blasone delle squadre che normalmente raggiungono questo importante traguardo.
In questa prima parte, ci occupiamo della sfida tra Real Madrid e Juventus. A distanza di 5 anni, una squadra italiana torna alle semifinali della coppa con le grandi orecchie (l'ultima a riuscirci l'Inter di Mourinho nel 2010 che poi vinse la coppa), mentre il Real dopo qualche stagione di appannamento, conquista la quinta semifinale consecutiva: tre sconfitte durante l'era Mourinho (nel 2011 contro il Barcellona, nel 2012 contro il Bayern Monaco ai rigori, nel 2013 contro il Borussia Dortmund), e vittoria per Carlo Ancelotti l'anno scorso contro i campioni in carica del Bayern in attesa di vedere cosa succederà quest'anno...
Tanti gli incroci tra le due squadre. Impossibile però non partire da Zinedine Zidane, che con un trasferimento record per la serie A di 150 miliardi di lire, nel 2001 vola da Torino a Madrid! Il presidente del Real, Florentino Perez cominciò a corteggiarlo per aggiornare la sua collezione di figurine, il francese accettò ma per non rompere in modo traumatico col club che lo aveva consacrato alla ribalta mondiale, fece in modo di far ricadere la colpa del trasferimento sulla moglie. Veronique Fernandez, era la "vittima" perfetta: perché di origine spagnola e anche perché prima del trasferimento del marito, disse che era stanca di Torino e voleva una città sul mare. Noto stabilimento balneare, Madrid... Tipino da prendere con le molle la signora Zidane: pare che prima della famosa finale mondiale 2006 e della testata a Materazzi, Zizou abbia avuto un litigio con Veronique (durante la finale non portava la fede), il nervosismo già alto del giocatore e le provocazioni di uno specialista come Materazzi hanno fatto il resto... Molto esaustivo il commento dell'Avvocato Agnelli su chi portava i pantaloni in casa del trequartista francese: "Zidane non soffre la nostalgia del mare o del sole, ma l' autorità di sua moglie. Gli ho chiesto: 'Ma in casa tua chi comanda?' E lui mi ha risposto così: 'Da quando abbiamo due figli, comanda lei... Io non posso farci proprio niente'".
Altri giocatori molto apprezzati sono stati Fabio Cannavaro ed il centrocampista Emerson Ferreira da Rosa, conosciuto semplicemente come Emerson. Sono arrivati insieme, voluti fortemente da Fabio Capello. Il brasiliano, pur di liberarsi del contratto con la Roma ed andare a Torino, ha detto che soffriva di depressione e che cambiare città avrebbe potuto aiutarlo (inutile dire che a Roma non è piaciuta molto questa storia...); Cannavaro invece arrivò alla Juve in cambio del portiere Fabian Carini, ennesimo pessimo affare concluso dall'Inter. Arrivati nell'estate 2004, lasciano la Juve in seguito ai due scudetti revocati e al processo di Calciopoli, per approdare entrambi al Real Madrid. E in Spagna ritrovano in panchina ancora Fabio Capello! Emerson rimane un solo anno, Cannavaro tre stagioni, prima di giocare un altro anno in bianconero e chiudere l'anno dopo all'Al-Ahli. Capello ha vinto due campionati a Madrid e due a Torino (poi revocati) ma per vari motivi non ha mai legato con le due tifoserie e soprattutto nelle competizioni europee i risultati sono sempre stati deludenti.
Tra i giocatori che hanno lasciato buoni ricordi in tutti e due i paesi, bisogna citare anche il danese Michael Laudrup. Arrivato in Italia a 19 anni, acquistato dalla Juve e subito girato in prestito alla Lazio, dal 1985 al 1989 gioca ottime stagioni a Torino rovinate da troppi infortuni durante gli ultimi anni. Dopo quattro anni al Barcellona (con quattro campionati vinti) passa al Real e vince un altro titolo diventando il primo giocatore a vincere cinque campionati di seguito in due squadre diverse!
Decisamente meno fortunate le avventure di altri giocatori; ad esempio Nicolas Anelka: un Balotelli nato 10 anni prima. Talento molto precoce, tanta esuberanza fisica, pochissima intelligenza calcistica. Al Real arriva a soli 20 anni, troppo presto. Alla Juventus arriva a 34 anni, dopo aver girato 9 squadre e con la pensione abbondantemente garantita. In definitiva due acquisti sbagliati ed inutili...
Provate ad andare a sbirciare tra la i giocatori d'attacco che formavano la rosa dei Blancos all'inizio della stagione 1992-93. Alfonso. Emilio Butragueño. Ivan Zamorano. Juan Esnaider. Sì, proprio quell'Esnaider! Attaccante argentino classe '73, vince con la nazionale under 20 il campionato sudamericano e si guadagna le attenzioni della squadra madrilena. Dopo due stagioni nella squadra B, arriva il debutto in prima squadra (8 presenze e un gol); viene mandato in prestito al Saragozza dove realizza 38 reti totali, vince una coppa del Re e una coppa delle Coppe (capocannoniere del torneo) e si guadagna il ritorno al Real. Ma un'altra stagione in ombra a Madrid fa capire che non c'è posto in quella squadra per lui; seguono stagioni non eccezionali tra Atletico Madrid ed Espanyol dove mette in mostra un carattere fumantino; discussioni infinite con l'allenatore Antic dell'Atletico e scazzottata col compagno di Miguel Angel Benitez durante il periodo in Catalogna. L'8 novembre 1998 il legamento del ginocchio sinistro di Alex Del Piero si rompe totalmente e la Juve cerca un sostituto: il primo nome è quello di Hakan Sukur attaccante turco molto esoso; troppo per Luciano Moggi che opta per l'argentino Esnaider. Della sua presenza se ne ricordano soprattutto il cassiere del club (15 miliardi di lire per il cartellino e 2,3 miliardi annuali per quattro anni) e le tifose (una vaga somiglianza con Antonio Banderas) che i tifosi sugli spalti, visto che in due stagioni e mezzo realizza la miseria di due reti (nessuna in campionato), una in coppa Italia e una in coppa Uefa contro l'Omonia Nicosia. A metà della stagione 2000-01 torna al Saragozza dove ritrova la via del gol (11 reti in 17 partite) contribuendo alla salvezza del club. Chiusa la carriera pochi anni dopo senza altri squilli di tromba, purtroppo il nome di Esnaider torna sui giornali per un motivo drammatico nel dicembre del 2012: la morte del figlio 17enne a causa di una grave malattia.
Chi allenava Esnaider durante gli anni juventini? Carlo Ancelotti, attuale allenatore del Real... Il tecnico emiliano era diventato allenatore dei bianconeri dopo le dimissioni presentate da Marcello Lippi nel febbraio 1999, due scelte poco apprezzate dai tifosi che alla prima partita di Ancelotti espongono lo striscione "Un maiale non può allenare". Durante la prima stagione guida la squadra fino alle semifinali di Champions perse contro il Manchester United, e ad un deludente 7° posto in campionato. L'anno successivo vince l'Intertoto e arriva secondo dietro la Lazio (dopo il diluvio di Perugia), nel 2001 altro secondo posto dietro la Roma: è la fine del rapporto con la Juve. Dopo varie avventure in giro per l'Europa, nell'estate 2013 l'arrivo a Madrid e subito la vittoria della coppa Campioni... No, non ci sarà da annoiarsi quest'anno!
Provate ad andare a sbirciare tra la i giocatori d'attacco che formavano la rosa dei Blancos all'inizio della stagione 1992-93. Alfonso. Emilio Butragueño. Ivan Zamorano. Juan Esnaider. Sì, proprio quell'Esnaider! Attaccante argentino classe '73, vince con la nazionale under 20 il campionato sudamericano e si guadagna le attenzioni della squadra madrilena. Dopo due stagioni nella squadra B, arriva il debutto in prima squadra (8 presenze e un gol); viene mandato in prestito al Saragozza dove realizza 38 reti totali, vince una coppa del Re e una coppa delle Coppe (capocannoniere del torneo) e si guadagna il ritorno al Real. Ma un'altra stagione in ombra a Madrid fa capire che non c'è posto in quella squadra per lui; seguono stagioni non eccezionali tra Atletico Madrid ed Espanyol dove mette in mostra un carattere fumantino; discussioni infinite con l'allenatore Antic dell'Atletico e scazzottata col compagno di Miguel Angel Benitez durante il periodo in Catalogna. L'8 novembre 1998 il legamento del ginocchio sinistro di Alex Del Piero si rompe totalmente e la Juve cerca un sostituto: il primo nome è quello di Hakan Sukur attaccante turco molto esoso; troppo per Luciano Moggi che opta per l'argentino Esnaider. Della sua presenza se ne ricordano soprattutto il cassiere del club (15 miliardi di lire per il cartellino e 2,3 miliardi annuali per quattro anni) e le tifose (una vaga somiglianza con Antonio Banderas) che i tifosi sugli spalti, visto che in due stagioni e mezzo realizza la miseria di due reti (nessuna in campionato), una in coppa Italia e una in coppa Uefa contro l'Omonia Nicosia. A metà della stagione 2000-01 torna al Saragozza dove ritrova la via del gol (11 reti in 17 partite) contribuendo alla salvezza del club. Chiusa la carriera pochi anni dopo senza altri squilli di tromba, purtroppo il nome di Esnaider torna sui giornali per un motivo drammatico nel dicembre del 2012: la morte del figlio 17enne a causa di una grave malattia.
Chi allenava Esnaider durante gli anni juventini? Carlo Ancelotti, attuale allenatore del Real... Il tecnico emiliano era diventato allenatore dei bianconeri dopo le dimissioni presentate da Marcello Lippi nel febbraio 1999, due scelte poco apprezzate dai tifosi che alla prima partita di Ancelotti espongono lo striscione "Un maiale non può allenare". Durante la prima stagione guida la squadra fino alle semifinali di Champions perse contro il Manchester United, e ad un deludente 7° posto in campionato. L'anno successivo vince l'Intertoto e arriva secondo dietro la Lazio (dopo il diluvio di Perugia), nel 2001 altro secondo posto dietro la Roma: è la fine del rapporto con la Juve. Dopo varie avventure in giro per l'Europa, nell'estate 2013 l'arrivo a Madrid e subito la vittoria della coppa Campioni... No, non ci sarà da annoiarsi quest'anno!
venerdì 24 aprile 2015
SARANNO FAMOSI - Ianis Hagi
Il padre in Italia c'è passato e ha lasciato un ottimo ricordo. Purtroppo non si è fermato a lungo, ma i due anni in cui Gheorghe Hagi ha giocato per il Brescia (prima e dopo ha giocato rispettivamente per Real Madrid e Barcellona, giusto per dire il livello del calcio italiano anni '90!) sono ancora ben impressi nella memoria dei calciofili italiani...
Adesso la Fiorentina ha comprato il figlio Ianis, classe '98. Se è bravo anche solo la metà del padre, avremo qualcosa di cui parlare per i prossimi anni...
Adesso la Fiorentina ha comprato il figlio Ianis, classe '98. Se è bravo anche solo la metà del padre, avremo qualcosa di cui parlare per i prossimi anni...
lunedì 13 aprile 2015
Foto dall'archivio - La furia di Mondonico
Amsterdam 1992. La finale di coppa Uefa vede di fronte i padroni di casa dell'Ajax contro il Torino. I granata hanno eliminato in semifinale addirittura il Real Madrid di Hierro e Butragueño. La finale d'andata però ha visto gli olandesi strappare un buon pareggio per 2-2 a Torino, costringendo il Toro all'impresa in Olanda.
La squadra granata è assatanata e meriterebbe decisamente la vittoria. Ad impedirglielo, la mala sorte: colpo di testa di Casagrande, palo; tiro di Mussi da fuori area, pallone deviato e palo; una girata in mezzo all'area di Sordo a un minuto dalla fine, traversa. Ma oltre ai tre legni colpiti, c'è una decisione arbitrale molto contestata: passaggio in profondità per Cravero, dribbling a rientrare verso la porta. Frank De Boer è superato ma cerca di rimanere attaccato a Cravero che cade in area. Il contatto c'è, non è clamoroso, ma il rigore ci starebbe. Chi non ci sta è l'allenatore del Torino: Emiliano Mondonico. Alza al cielo la prima cosa che trova tra le mani vicino alla sua panchina, una sedia. E' arrabbiato, infuriato per la decisione arbitrale, ma si limita solo a sollevare la sedia per aria. E' il gesto di protesta di un allenatore della squadra di provincia che si ribella al destino cinico e baro.
"Un gesto che non rifarei. Ma le mie origini nascono in osteria e lì i propri diritti si fanno valere anche con le sedie"Nella curva del Toro, in occasione di decisioni arbitrali avverse, si può tuttora sentire il coro che ricorda quella notte stregata: "Emiliano, alzaci la sedia"
lunedì 6 aprile 2015
Una vita da mediano - Renato Olive
"Sempre lì, lì nel mezzo, finchè ce n'hai stai lì" (Una vita da mediano, Ligabue)
Renato Olive è uno di quelli che conosce per davvero il significato della parola "gavetta". Nato a Fasano in provincia di Bari nel 1971, cresce nelle giovanili del Monopoli. Dopo una breve esperienza alla Vis Pesaro e una terribile doppia retrocessione con il Lecce (dalla A alla C1 in due stagioni) dopo aver assaporato brevemente l'esordio in serie A avvenuto nel 1994, riparte con la Fidelis Andria. La grande occasione arriva durante la seconda stagione ad Andria, quando viene ceduto in Umbria, a Perugia. E' l'inizio di un cammino quasi impensabile dove insieme a tanti giocatori provenienti dalle serie inferiori come lui (per non parlare di quel mister bizzarro che allena col cappellino e si chiama Serse Cosmi) e stranieri sconosciuti, produrrà due stagioni favolose con promozione in serie A (spareggio vinto col Torino ai rigori) e salvezza tranquillissima l'anno dopo.
La consacrazione per il centrocampista arriva col trasferimento a Bologna, dove in tre anni diventa un pilastro della squadra rossoblu, raccogliendo grandi elogi individuali e anche dei buoni risultati di squadra.
E' un centrocampista che lotta, che rincorre l'avversario, dal tackle duro e dalla grande resistenza fisica; ma di Olive ci si ricorda anche per un buon tempismo negli inserimenti a palla ferma, visto che colleziona 13 reti nelle sue 5 stagioni tra Perugia e Bologna!
Si può dire che il centrocampista pugliese abbia lasciato un ottimo ricordo praticamente in tutte le squadre in cui ha giocato tranne che a Napoli. Dopo i tre anni di Bologna, Olive sente la necessità di cambiare aria e la squadra partenopea è reduce da due stagioni disastrose visto che non è riuscita a conquistare la promozione in serie A (anzi, addirittura l'anno precedente aveva chiuso al sedicesimo posto). Le trattative per l'ingaggio di Olive andavano per le lunghe anche perché il giocatore chiedeva molti soldi; a 31 anni potrebbe essere l'ultimo grande contratto della carriera e il centrocampista
pugliese vuole capitalizzare i tanti km percorsi. La trattativa è serrata ma alla fine le due parti trovano l'accordo e Olive si aggiunge a tanti giocatori di esperienza come i difensori Massimo Carrera e Sean Sogliano, centrocampisti come Dario Marcolin, Vidigal, Davide Dionigi e due bomber con parentele importanti: Max Vieri, fratello di Christian e figlio di Bob) e Gianluca Savoldi figlio di un grande bomber della storia napoletana, Giuseppe Savoldi (nonché primo calciatore per cui venne speso un miliardo di lire nel lontano 1975). Purtroppo in un campionato difficile come la serie B, avere una squadra di grandi nomi serve a poco se poi non c'è la sostanza. Va detto che c'erano gravi problemi finanziari e il nostro Olive si fece rappresentante dei calciatori per esigere gli stipendi non corrisposti dalla società durante la stagione. Alla fine i problemi economici non si risolsero e a fine luglio il Napoli viene dichiarato fallito e costretto a ripartire dalla C1. Olive più di tutti viene ricordato con fastidio perché oltre ad aver giocato molto male, dopo un infortunio alla mandibola accusato in gennaio (con tempi di recupero stabiliti normalmente in poco più di due mesi), non è più sceso in campo facendo imbestialire i tifosi napoletani. In pratica la carriera di Olive si chiude qui (10 presenze in tre anni tra Parma, Catania e Bologna), prima dell'ultima stagione a Ravenna nel 2007-08 senza riuscire ad evitare la retrocessione in C1 della squadra romagnola.
Olive comincia ad allenare, entrando a far parte dello staff di Roberto Donadoni al Parma. Purtroppo la situazione del club emiliano è nota a tutti e dopo la stagione di Napoli, un'altra parentesi sfortunata per l'ex centrocampista pugliese. Ma non preoccupatevi. Lui non molla. Non l'ha mai fatto...
lunedì 2 marzo 2015
martedì 24 febbraio 2015
Come nacquero i "gol alla Del Piero"
Lancio lungo sulla fascia. La prende Del Piero, il giovane ragazzo padovano che da qualche tempo gioca con ottimi risultati in prima squadra. Controlla il pallone e cerca di rientrare verso il centro dell'area. Lo prende in consegna Jurgen Kohler (tra l'altro ex Juve). Si sposta la palla col destro per fintare di andare di nuovo verso l'esterno, ma è appunto una finta. Rapido tocco di sinistro per trovare lo spazio necessario per la giocata; eccolo lo spazio: il tiro a giro d'esterno è imprendibile per qualsiasi portiere al mondo, che in queste circostanze coprono il primo palo mezzo metro in avanti dalla linea di porta.
Una condanna a morte per le squadre avversarie.
E' nato il gol alla Del Piero, un gol già visto nel campionato italiano, ma che necessitava della consacrazione europea nella Champions League.
Ah, due settimane dopo, altro gol identico alla Steaua Bucarest, il controllo su lancio di Ciro Ferrara è qualcosa di sublime.
Ah, tre settimane dopo il gol ai rumeni, gol su punizione ai Rangers, con una parabola che neanche Gesù Cristo...
Stasera si affronteranno di nuovo Juventus e Borussia Dortmund. Ma in campo, un'altro che fa le cose che faceva il 10 bianconero non c'è.
Una condanna a morte per le squadre avversarie.
E' nato il gol alla Del Piero, un gol già visto nel campionato italiano, ma che necessitava della consacrazione europea nella Champions League.
Ah, due settimane dopo, altro gol identico alla Steaua Bucarest, il controllo su lancio di Ciro Ferrara è qualcosa di sublime.
Ah, tre settimane dopo il gol ai rumeni, gol su punizione ai Rangers, con una parabola che neanche Gesù Cristo...
Stasera si affronteranno di nuovo Juventus e Borussia Dortmund. Ma in campo, un'altro che fa le cose che faceva il 10 bianconero non c'è.
Il momento prima del tiro |
venerdì 20 febbraio 2015
METEORE - Fabricio Coloccini
Titolo piuttosto banale, d'accordo. Comunque un modo semplice per parlare di quei giocatori che nel nostro campionato non hanno avuto fortuna e che a volte sono stati troppo frettolosamente etichettati come meteore (quando non come bidoni)...
Zaccardo, Costant, Zapata. No, ultimamente la difesa del Milan non è un bel vedere. Rimane un mistero come mai un giocatore come Fabricio Coloccini abbia giocato solo 2 partite durante la sua permanenza a Milano. Sicuramente non sarà un giocatore paragonabile al livello di gente come Nesta e Maldini ma sarebbe stato più utile di tanti mezzi figuranti che si sono alternati con la maglia rossonera negli ultimi anni. Il difensore argentino classe 1982, viene acquistato nel 1999 dal Milan quando ha compiuto 17 anni; giusto il tempo di collezionare due presenze in prima squadra col Boca Juniors e si trova subito catapultato in Italia. Il trasferimento è tribolato: il Milan trova l'accordo per il suo contratto solo con il padre-procuratore del giocatore e non col Boca Juniors; i rossoneri forti della volontà del giocatore lo strappano al club argentino ma la FIFA imporrà un risarcimento di 7,5 milioni (dati Transfermarkt).
Giocatore ovviamente tutto da formare sebbene dal talento evidente; arriva il prestito al San Lorenzo dove vince il Clausura 2001. Altre importanti esperienze in prestito nella Liga spagnola dove in tre anni gioca per Deportivo Alavés (dove fa registrare il primato di reti stagionali, 6), Atletico Madrid e Villareal. Al termine della stagione 2003-04 sembra pronto per imporsi anche in un campionato complesso come quello italiano. Invece colleziona la miseria di due presenze stagionali, inevitabile il trasferimento a metà stagione; questa volta la cessione è a titolo definitivo e ad aggiudicarselo è il Deportivo La Coruña. Rimane tre anni prima di venire acquistato dal Newcastle diventandone in breve tempo apprezzato giocatore e anche il capitano della squadra.
Sicuramente un buon esempio di un giocatore che non ha mai avuto la possibilità di dimostrare il suo indubbio valore, vittima di approssimazione e poca pazienza, eterni difetti del calcio italiano.
Zaccardo, Costant, Zapata. No, ultimamente la difesa del Milan non è un bel vedere. Rimane un mistero come mai un giocatore come Fabricio Coloccini abbia giocato solo 2 partite durante la sua permanenza a Milano. Sicuramente non sarà un giocatore paragonabile al livello di gente come Nesta e Maldini ma sarebbe stato più utile di tanti mezzi figuranti che si sono alternati con la maglia rossonera negli ultimi anni. Il difensore argentino classe 1982, viene acquistato nel 1999 dal Milan quando ha compiuto 17 anni; giusto il tempo di collezionare due presenze in prima squadra col Boca Juniors e si trova subito catapultato in Italia. Il trasferimento è tribolato: il Milan trova l'accordo per il suo contratto solo con il padre-procuratore del giocatore e non col Boca Juniors; i rossoneri forti della volontà del giocatore lo strappano al club argentino ma la FIFA imporrà un risarcimento di 7,5 milioni (dati Transfermarkt).
Giocatore ovviamente tutto da formare sebbene dal talento evidente; arriva il prestito al San Lorenzo dove vince il Clausura 2001. Altre importanti esperienze in prestito nella Liga spagnola dove in tre anni gioca per Deportivo Alavés (dove fa registrare il primato di reti stagionali, 6), Atletico Madrid e Villareal. Al termine della stagione 2003-04 sembra pronto per imporsi anche in un campionato complesso come quello italiano. Invece colleziona la miseria di due presenze stagionali, inevitabile il trasferimento a metà stagione; questa volta la cessione è a titolo definitivo e ad aggiudicarselo è il Deportivo La Coruña. Rimane tre anni prima di venire acquistato dal Newcastle diventandone in breve tempo apprezzato giocatore e anche il capitano della squadra.
Sicuramente un buon esempio di un giocatore che non ha mai avuto la possibilità di dimostrare il suo indubbio valore, vittima di approssimazione e poca pazienza, eterni difetti del calcio italiano.
domenica 25 gennaio 2015
ANNIVERSARI - Kung fu Cantona
25 Gennaio 1995 - Il Crystal Palace ospita il Manchester United. Partita tesa, il nostro Eric Cantona viene espulso. Niente di strano, il caratterino del francese è ben noto e Richard Shaw ha l'unico scopo di fare uscire dai gangheri il talentuoso francese. Missione compiuta e Cantona si avvia verso gli spogliatoi tra gli insulti del Selhurst Park. Ma nelle prime file dello stadio c'è un ragazzo particolarmente agitato, Matthew Simmons. "Francese figlio di puttana". Quando è troppo è troppo, Cantona si alza in volo, BAM! Tacchetti in faccia a Simmons con un calcio volante a scavalcare la barriera tra tifosi e calciatori e tifosi. Mai nessuno si era spinto così oltre.
"Volevo compiacere i miei tifosi. Credo che sia un sogno di molte persone prendere a calci questo tipo di individui. L'ho fatto anche per loro (i tifosi), quindi sono felice. E' come se li avessi liberati. E' stato uno dei momenti salienti della mia carriera, una grande emozione".Eric Cantona è anche questo...
domenica 18 gennaio 2015
COPPIE MAGICHE - Cafu & Candela
Precedenti puntate: Henry & Trezeguet
Per molti sono stati il segreto di Pulcinella della Roma che ha vinto lo scudetto nel 2001, una squadra che aveva tanti giocatori importanti tra centrocampo e attacco, ma che come terzini poteva schierare due giocatori fenomenali che le dirette concorrenti non avevano e che spesso hanno fatto la differenza: Cafu e Vincent Candela!
Marcos Evangelista de Moraes, per tutti Cafu, incarna alla perfezione il classico stereotipo del terzino brasiliano: ovvero quello che si fionda in avanti appena possibile e se poi la diagonale difensiva non è sempre perfetta, pazienza.
Anche perché poi quando a fine stagione si andavano a contare le reti create dalle galoppate travolgenti sulla fascia destra, spesso superavano quelle causate da amnesie difensive. Arriva in Italia molto tardi, nel 1997, quando Cafu compie 27 anni. Lo acquista la Roma di Franco Sensi e a valorizzarlo ci pensa Zdenek Zeman che con il suo classico 4-3-3 permette al giocatore brasiliano di esprimere tutte le sue qualità. Nato come attaccante esterno all'inizio della sua carriera, Cafu ha progressivamente arretrato il suo raggio d'azione fino a diventare un terzino destro molto offensivo. Soprannominato dai tifosi romanisti "Pendolino" per la sua velocità (il pendolino era il treno più veloce di qualche anno fa), è rimasto a Roma fino al 2003 quando a 33 anni passa al Milan. Si pensava che fosse un giocatore finito, invece ha giocato fino a 38 anni sempre dando un apprezzabile contributo (tant'è che i rossoneri dopo il suo ritiro non hanno mai trovato un sostituto all'altezza). Primatista di presenze con la nazionale brasiliana (142), due Mondiali vinti e il primato di tre finali disputate (dal 1994 al 2002, persa solo quella del 1998). Cafu ha ottenuto riconoscimenti importanti tra i quali l'inserimento nella hall of fame della Roma e la nomina nella squadra ideale degli anni 2000 redatta dal Sun, a conferma dell'impatto che ha avuto il brasiliano sul calcio mondiale.
Candela invece sulla fascia sinistra era il perfetto equilibratore della squadra. Molto intelligente tatticamente, fisico compatto e grande resistenza, queste le sue armi migliori
Il terzino francese era stato praticamente ceduto all'Inter e il giocatore aveva già dato il suo consenso all'operazione. Ma il mister Capello non ci pensa nemmeno di privarsi di una delle colonne della Roma, quindi Candela rinuncia al trasferimento. All'inizio il rapporto con i tifosi è parecchio deteriorato, ma dopo una serie di ottime prestazioni, il quasi trasferimento viene perdonato e il coro dedicato al terzino francese torna a risuonare all'Olimpico (olele, olala, Vincent Candela, Vincent Candela!). Nel gennaio 2005 finisce la sua esperienza romana, gioca per metà stagione in Inghilterra al Bolton, torna in Italia all'Udinese e al Messina, rimasto senza squadra nel 2007 si ritira, "il calcio è cambiato, adesso i calciatori sono tutti più alti, più rapidi e hanno meno cervello". La partita del suo addio al calcio si gioca a Roma, tra la squadra scudettata del 2001 e la Francia campione del mondo 1998 in uno stadio gremito che rende il giusto tributo al numero 32 romanista.
Per molti sono stati il segreto di Pulcinella della Roma che ha vinto lo scudetto nel 2001, una squadra che aveva tanti giocatori importanti tra centrocampo e attacco, ma che come terzini poteva schierare due giocatori fenomenali che le dirette concorrenti non avevano e che spesso hanno fatto la differenza: Cafu e Vincent Candela!
Marcos Evangelista de Moraes, per tutti Cafu, incarna alla perfezione il classico stereotipo del terzino brasiliano: ovvero quello che si fionda in avanti appena possibile e se poi la diagonale difensiva non è sempre perfetta, pazienza.
Anche perché poi quando a fine stagione si andavano a contare le reti create dalle galoppate travolgenti sulla fascia destra, spesso superavano quelle causate da amnesie difensive. Arriva in Italia molto tardi, nel 1997, quando Cafu compie 27 anni. Lo acquista la Roma di Franco Sensi e a valorizzarlo ci pensa Zdenek Zeman che con il suo classico 4-3-3 permette al giocatore brasiliano di esprimere tutte le sue qualità. Nato come attaccante esterno all'inizio della sua carriera, Cafu ha progressivamente arretrato il suo raggio d'azione fino a diventare un terzino destro molto offensivo. Soprannominato dai tifosi romanisti "Pendolino" per la sua velocità (il pendolino era il treno più veloce di qualche anno fa), è rimasto a Roma fino al 2003 quando a 33 anni passa al Milan. Si pensava che fosse un giocatore finito, invece ha giocato fino a 38 anni sempre dando un apprezzabile contributo (tant'è che i rossoneri dopo il suo ritiro non hanno mai trovato un sostituto all'altezza). Primatista di presenze con la nazionale brasiliana (142), due Mondiali vinti e il primato di tre finali disputate (dal 1994 al 2002, persa solo quella del 1998). Cafu ha ottenuto riconoscimenti importanti tra i quali l'inserimento nella hall of fame della Roma e la nomina nella squadra ideale degli anni 2000 redatta dal Sun, a conferma dell'impatto che ha avuto il brasiliano sul calcio mondiale.
Candela invece sulla fascia sinistra era il perfetto equilibratore della squadra. Molto intelligente tatticamente, fisico compatto e grande resistenza, queste le sue armi migliori
Candela durante la breve esperienza a Messina, da notare lo sponsor Air Malta sulla maglietta! |
mercoledì 7 gennaio 2015
La rovesciata di Mauro Bressan
Se quel gol l'avesse fatto Del Piero o Baggio o Ronaldo sarebbe ricordato ogni settimana e probabilmente sarebbe nella sigla di presentazione delle partite di Champions League. Invece segnò Mauro Bressan da Valdobbiadene, operaio del pallone e uomo da 4 gol in serie A. Centrocampista nato nel 1971, cresciuto nelle giovanili del Milan, dopo una lunga gavetta in provincia (Como, Foggia, Cagliari e Bari) approda alla Fiorentina nel 1999. In quella squadra giocano campioni come Francesco Toldo, Manuel Rui Costa, Abel Balbo, Enrico Chiesa e Gabriel Batistuta, oltre ad onesti gregari del pallone tra i quali il nostro Bressan.
Il 2 novembre arriva al Franchi di Firenze il Barcellona di Figo, Rivaldo, Guardiola e Luis Enrique. Ma a mettersi in mostra è inaspettatamente il centrocampista italiano: al 14' del primo tempo, Chiesa attacca la difesa spagnola dal lato destro, cross respinto da Ronald De Boer, il pallone si impenna, Jorg Heinrich vince il contrasto e la palla finisce a Bressan che non ci pensa due volte: da 25 metri insacca una rovesciata clamorosa! Il Franchi esplode e quello rimane il punto più alto della sua carriera. Dopo la Fiorentina giocherà con Venezia, Genoa e di nuovo Como, prima di chiudere con un esperienza di quattro anni in Svizzera, due anni col Lugano e due col Chiasso. Poco roba, ma non importa molto: gol come questi rimangono nella storia del calcio...
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