sabato 28 dicembre 2013

El Mariscal, Gabriel Milito

Il Maresciallo si era ritirato già da un anno, colpa dei tanti infortuni che soprattutto nella parte conclusiva della carriera gli hanno impedito di giocare con continuità ma la partita dell'addio al calcio è stata giocata solo pochi giorni fa. Giusto ricordare questo difensore non particolarmente dotato fisicamente (alto solo 1,79), ma veloce, con senso della posizione (pericoloso anche sui calci da fermo), piedi tutt'altro che scarsi e un grande carisma che lo rendeva un leader naturale; sarà ricordato come uno dei migliori difensori argentini anche se purtroppo non è mai riuscito a conquistare un titolo importante con la Seleccion argentina (solo un campionato Mondiale Under 20 nel 1999), 42 presenze in nazionale e una partecipazione ai Mondiali del 2006.

Nato nel 1980, di un anno più giovane del fratello attaccante Diego, nonni originari di Terranova da Sibari, paesino in provincia di Cosenza, cresce nell'Independiente dove esordisce in prima squadra già nella stagione 1997-98. Problema: il fratello gioca per i rivali del Racing Avellaneda, un derby che per intensità è secondo solo a River Plate - Boca Juniors e gli stadi delle due squadre che si trovano incredibilmente a soli duecento metri di distanza tra loro! Sta di fatto che quando si scontrano i due fratelli sembra di assistere alla terza Guerra Mondiale: il difensore Gabriel non faceva sconti a nessuno, tantomeno al fratello e la tensione saliva alle stelle; dopo un derby particolarmente cruento ("L'arbitro ha dovuto separarci perché ci urlavamo cose terribili" ricorda Diego), servì l'intervento dei genitori per riportare la tranquillità in famiglia!

Da sinistra, Diego e Gabriel Milito in un momento di relax
Gabriel si mette in mostra, tanto da suscitare le attenzioni del Real Madrid, all'epoca guidato dal direttore sportivo Jorge Valdano. L'accordo sembra ad un passo ma i madrileni si tirano indietro, sembra che le visite mediche abbiano evidenziato un problema al ginocchio sinistro, anche se girano voci che il trasferimento sia stato cancellato per motivi politici, una vendetta interna nei confronti di Valdano.
Masochismo allo stato puro. Anche perché sfuma l'acquisto, ma comunque arriva il trasferimento in Spagna, in un altro Real, il Real Saragozza e seguono quattro anni spettacolari con più di 150 presenze in quattro anni (alla faccia di chi a Madrid lo aveva scartato), con l'aggiunta di due trofei (una prestigiosa vittoria nella Copa del Rey nel 2003-04 vinta proprio contro il Real Madrid e la Supercoppa Spagnola l'estate seguente). Inoltre nel 2005 si realizza il sogno di giocare insieme al fratello Diego, arrivato in Spagna dopo la retrocessione del Genoa in serie C. La stagione migliore sicuramente è il 2006-07, sesto posto in classifica, 23 reti in campionato per Diego (secondo posto nella classifica marcatori dietro a van Nistelrooy del Real Madrid) e una rosa entusiasmante soprattutto nella metà campo offensiva: due dei tanti eredi di Maradona, Andrés D'Alessandro ed "El Payaso" Pablo Aimar, oltre a Zapater (una sola stagione al Genoa nel 2009-10) e ad Ewerthon, attaccante brasiliano dal grande talento ma non troppo concreto sotto porta. Nella rosa troviamo anche un giovane Gerard Piqué che comincia a farsi le ossa nel calcio che conta e che fornisce un buon contributo con 22 presenze di cui 18 da titolare!

Nel 2007 Gabriel viene acquistato dal Barcellona con un notevole esborso economico (quasi 20 milioni di euro per il cartellino e 4 all'anno per il difensore). Il primo anno è il migliore visto che colleziona 42 presenze stagionali, ma i problemi arrivano nel secondo anno: la rottura del crociato posteriore destro nella semifinale di Champions League contro il Manchester United lo tiene fuori per quasi due anni (curiosamente lo stesso tipo di infortunio che ha sofferto il fratello Diego nel 2013), quando torna ormai non è più il giocatore di prima e Piqué si è già meritato un posto da titolare inamovibile. Uno strappo al polpaccio chiude la sua avventura coi blaugrana nel 2011. In totale fanno 75 presenze in quattro anni. Nel 2011 ritorna all'Independiente per l'ultima stagione della sua carriera e nel giugno del 2012 annuncia il suo ritiro. Grazie di tutto "Mariscal"!


mercoledì 18 dicembre 2013

I NUOVI MISTER - Speciale Portogallo

Un trio di nostre vecchie conoscenze allena nel campionato portoghese, vediamo chi sono....

Abel Xavier, Olhanense - Rispondetemi sinceramente: uno così, ha la faccia da allenatore?


No, eh? 
(e dire che è anche abbastanza sobrio in questa foto)
Invece c'è stato qualcuno che ha avuto il coraggio di affidargli la panchina dell'Olhaense. Tranquilli, è già stato esonerato, ma chi è stato il pazzo ad avergli affidato la panchina? Igor Campedelli! Ex presidente del Cesena, che con lui prima è retrocesso in C1, poi con Bisoli in panchina doppia promozione fino in serie A, salvezza il primo anno (in evidenza Giaccherini, Parolo e Nagatomo). L'anno successivo è un disastro: 4 vittorie, la coppia Mutu-Iaquinta fa faville solo fuori dal campo e la retrocessione è scontata. Cesena di nuovo in B e sulla panchina si siede il fratello del presidente, Nicola Campedelli: buon passato da calciatore (Cesena, Salernitana, ma soprattutto 5 anni al Modena, qualche presenza anche in Under 21) ma giovane e privo di esperienza in panchina. Sarà un bagno di sangue: 3 partite, 3 sconfitte, 2 gol fatti 10 subiti. Torna Bisoli che salva la squadra dalla retrocessione. Nel 2013 Igor se ne va in Portogallo, portandosi dall'Italia tante vecchie conoscenze: Per Kroldrup, i giovani interisti Vid Belec e Daniel Bessa, Federico Dionisi (Livorno), Agon Mehmeti (Palermo e Novara). I risultati? Finora scarsi, visto che la squadra è pericolosamente coinvolta nella zona bassa della classifica...l'anno scorso la salvezza era arrivata solo all'ultima giornata. 

Costinha, Paços Ferreira - Il Paços che l'anno scorso è arrivato terzo (!) ed ha disputato i preliminari di Champions League (poi persi contro lo Zenit San Pietroburgo, adesso gioca in Europa League nel girone della Fiorentina con scarso successo), si trova in ultima posizione in Portogallo.
Tant'è che l'ex centrocampista della nazionale portoghese si è dimesso a fine ottobre. Costinha, che ha vinto una Champions League al Porto con Josè Mourinho e che ha segnato un gol storico all'Old Trafford contro il Manchester United, facendo urlare di gioia il suo tecnico, con esperienze in Francia (Monaco) e Spagna (Atletico Madrid), in Italia viene ricordato soprattutto per la grottesca vicenda di cui è stato protagonista all'Atalanta. Acquistato a parametro zero dal club bergamasco e firmato un triennale, gioca 54 nella partita vinta contro il Parma ad inzio settembre, ma sarà la sua ultima partita per l'Atalanta e l'ultima partita della sua carriera! Complice anche una serie di infortuni e (dichiarazione del calciatore) una aperta ostilità dei dirigenti Osti e Giacobazzi (contrari all'ingaggio del centrocampista perché troppo oneroso); bloccano anche uno scambio che avrebbe permesso a Costinha di raggiungere il maestro Mourinho all'Inter in cambio di Dacourt. Nel frattempo, nel gennaio 2008 il presidente Ivan Ruggeri, che si era imposto per firmare il giocatore, viene colpito da un'emorragia cerebrale e rimane in stato vegetativo. Ormai Costinha a Bergamo non è più gradito e a soli 31 anni dà (di fatto) l'addio al calcio giocato, incredibile... Una curiosità: il secondo di Costinha era Maniche, una breve esperienza in prestito all'Inter nel gennaio 2008, 8 presenze ed un gol alla Juve ma a fine stagione il club non esercita il diritto di riscatto e il centrocampista portoghese ritorna all'Atletico Madrid. Ha giocato in tutte le big portoghesi (Benfica, Porto insieme a Costinha, Sporting Lisbona a fine carriera), brevemente in prestito al Chelsea (8 presenze) e in Germania al Colonia.

Sergio Conceiçao, Academica - Conoscete qualche giocatore vivente a cui sono stati dedicati degli stadi? No, perché se avete qualche notizia non esitate a comunicarmelo, comunque diciamo che il caso di Conceiçao è assolutamente unico! Se capitate a Coimbra, città natale del giocatore potete capitare nel Estadio Municipal Sergio Conceiçao, che non è lo stadio dove gioca l'Academica, ma comunque può contenere 2500 persone.
Si mette in luce nel Porto dove conquista due campionati e nel 1998 viene acquistato dalla Lazio di Cragnotti: inizia subito alla grande con la rete decisiva al 93' per la conquista della Supercoppa Italiana contro la Juve; seguiranno la Coppa delle Coppe (l'ultima assegnata), uno storico scudetto, una Supercoppa Europea contro il Man.Utd e una coppa Italia. Scambiato al Parma per arrivare a Crespo, continua a mostrare tutto il suo talento sulla fascia. Molto meno spettacolare all'Inter (due stagioni) e nel breve ritorno alla Lazio (2003-04) prima di tornare al Porto e vincere il suo terzo campionato. Quando la stagione successiva firma per lo Standard Liegi sembra ormai un calciatore in declino: invece vince il premio di miglior giocatore del campionato. Pare una rinascita, ma l'anno successivo sputa contro un avversario, viene espulso e quando lascia il campo lancia la maglietta contro l'arbitro: questa follia gli costa 3 anni di squalifica, poi ridotta a 4 mesi. Lascia il Belgio e finisce in Kuwait e infine al PAOK Salonicco, dove gioca anche un'amichevole contro la Lazio: gli viene tributata una meritatissima standing ovation da brivid da parte dei suoi vecchi tifosi, il giusto epilogo per la sua carriera da calciatore...


lunedì 9 dicembre 2013

A volte ritornano...

Parliamo di due grandi giocatori che hanno scritto pagine importanti del calcio europeo degli ultimi anni, Henrik Larsson e Robert Pirès
  • Henrik Larsson, attaccante classe '71, è uno svedese un po' atipico: carnagione scura e treccine rasta (tenute fino al 2001), madre svedese e padre . Leggenda dei Celtic Glasgow, squadra per la quale ha militato 7 stagioni realizzando qualcosa come 241 reti (con un anno praticamente saltato a causa della rottura di tibia e perone), dopo essersi ritirato nel 2009, comincia la carriera da allenatore. Dal 2010 al 2012 allena il Landskrona (seconda divisione svedese); nel 2013 decide di fare il vice allenatore di Kenneth Karlsson all'Hogaborgs BK, in quarta divisione, la squadra dove aveva esordito nel lontano 1989. Ma per necessità si è tolto la giacca e cravatta ed è tornato ad indossare gli scarpini: per Henrik la doppia gioia di aver disputato a giugno uno spezzone di partita (7 minuti) giocando insieme a suo figlio Jordan, e di aver salvato l'Hogaborgs dalla retrocessione nella decisiva partita contro l'Haga vinta 2-0 grazie ad una sua grande prestazione!


  • Robert Pirès la scorsa estate si trovava in vacanza in Grecia. Ritiratosi dal calcio professionistico nel 2011 dopo una breve esperienza all'Aston Villa, si concedeva un po' di riposo al caldo delle isole greche. 84 gol per l'Arsenal, 18 reti con il Villareal, un Mondiale ed un Europeo vinti con la Francia (almeno prima che Domenech decidesse di ignorarlo visto che Pirès è del segno dello scorpione....mah!). E una passione per il calcio che lo fa andare a vedere un big match (si fa per dire) di un campionato dilettantistico greco, ovvero Storm Rafina - Mykonos. La squadra di casa perde 0-2 all'intervallo, quando sugli spalti riconoscono Pirès: in qualche modo viene convinto a scendere in campo e (sebbene ingrassato) trascina i suoi nuovi compagni alla vittoria per 3-2 con un gol ed un assist illuminante! La classe non è acqua!

lunedì 2 dicembre 2013

BLOB - Antonio Cassano

"Se quel Bari-Inter non ci fosse stato sarei diventato un rapinatore, o uno scippatore, comunque un delinquente"

Cassano, mentre mostra ai fotografi quanto fa 2+2....
(oppure: Cassano mentre mostra ai fotografi il suo Q.I.)

mercoledì 27 novembre 2013

Stadi di calcio - Westfalenstadion

Nome: Signal Iduna Park (Westfalenstadion)
Anno di inaugurazione: 1974
Capienza: 80.552 (65.718 per le partite internazionali)

Benvenuti in uno degli stadi più impressionanti di tutto il mondo, il Westfalenstadion! Tempio del Borussia Dortmund e punto di forza della squadra giallonera che in questi ultimi anni è rientrata tra le migliori squadre del continente anche grazie alla sua capacità di sfruttare al meglio il suo fortino casalingo...


Nel 2005, a causa di una grave crisi finanziaria che ha portato il Borussia sull'orlo del fallimento, l'impianto cambia il nome ufficiale e diventa il Signal Iduna Park, prendendo il nome dalla società di assicurazioni e servizi finanziari che ha siglato il contratto di sponsorizzazione fino al 2021.


Lo stadio della Vestfalia venne cominciato a costruire nel 1971 ed inaugurato nel 1974 in occasione dei Mondiali tedeschi di quell'anno. Ha subìto diverse ristrutturazioni, l'ultima poco prima dei mondiali 2006. In questo stadio si è disputata la semifinale tra Germania ed Italia vinta dagli azzurri con gol di Grosso e Del Piero; una doppia impresa per l'Italia, perché la Germania nelle 14 partite disputate in precedenza non aveva mai perso...


Caratteristica dello stadio, la spettacolare Sudtribune: 24.454 posti occupati da tedeschi ubriachi che saltano e cantano dal primo al novantesimo minuto, creando un'atmosfera incredibile. E' la curva più grande d'Europa!

La Sudtribune

venerdì 22 novembre 2013

La foto della settimana - Il triangolo di Icardi

Ci sporchiamo un po' le mani con del becero gossip, ma questa foto è davvero particolare! Un giovane Mauro Icardi, all'epoca giovane talento del Vecindario, squadra delle isole Canarie, che chiede l'autografo a Maxi Lopez durante la sua breve esperienza nel Barcellona... qualche anno dopo, sarà lo stesso Icardi ad autografare da par suo la (ex) moglie di Maxi, Wanda.


Lui, l'altro e LEI....



lunedì 18 novembre 2013

Italia-Nigeria 19 anni dopo

Il 5 Luglio del 1994 si giocano gli ottavi del Mondiale di calcio, ospitato dagli Stati Uniti. Fischio d'inizo fissato ad un orario disumano (per giocare a calcio), le 13! Comodo solo per gli spettatori europei e per le televisioni che trasmettono la partita, che così non perdono spettatori. Si gioca al Foxboro Stadium, Massachusetts, fino al 2002 casa dei Patriots di footbal americano prima del loro trasferimento al Gilette Stadium. Scendono in campo Italia e Nigeria, che prima di quel giorno non si erano mai incontrate.

L'inizio del Mondiale per l'Italia è stato a dir poco traumatizzante. Come si fa a perdere con l'Eire, vincere a fatica con la Norvegia e pareggiare squallidamente con il Messico e covare ambizioni di vittoria? mi chiedevo io, ad appena 8 anni. Bisogna pazientare mi dicevano quelli più saggi, l'Italia parte sempre male e poi cresce quando il torneo entra nel vivo. Ovviamente non mi avevano convinto, anche perché al momento dell'ingresso in campo delle squadre c'era di che preoccuparsi: erano grandi il doppio di noi, erano sicuramente più veloci. E noi come facciamo a vincere??? Poi c'era quel Baggio, col codino e l'orecchino, che tutti dicevano che era tanto bravo, ma era stato sostituito contro la Norvegia dopo l'espulsione di Pagliuca (perché togliere il migliore giocatore?) e non aveva ancora segnato un gol. Beata ingenuità giovanile...

Per l'Italia scendono in campo: Marchegiani (ancora al posto di Pagliuca), i terzini del Parma Mussi e Benarrivo, Maldini e Costacurta in mezzo; a centrocampo Albertini davanti alla difesa e Donadoni spostato un po' più avanti, sugli esterni Berti e Signori (ruolo per lui inedito), in attacco Baggio e Massaro. A dirigere la baracca, il profeta di Fusignano, fino ad allora poco profeta a dir la verità. Arbitra il messicano Arturo Brizio Carter. Tenetelo a mente questo messicano affogato da piccolo nella tequila come Obelix nella pozione magica di Panoramix.
Gianfranco Zola sconfortato dopo l'espulsione
L'Italia parte meglio, ma non concretizza. E al 26' prendiamo la pera: calcio d'angolo, cappella di Maldini e palla che finisce ad Amunike che dentro l'area piccola insacca senza problemi. E meno male che l'Italia doveva crescere superati i gironi eliminatori (ero già pessimista all'epoca!).
Sembrava davvero una partita maledetta: il messicano ci nega un rigore netto su Baggio, ma noi non riusciamo proprio a segnare (errori di Massaro e Maldini). Inizia il secondo tempo, entra Dino Baggio che prende un palo e poi fa sentire i tacchetti ai nigeriani che cominciano a fare il torello a metà ripresa; loro nel frattempo ci pestano in tutti i modi possibili. Entra Zola, un po' di vivacità in campo! Al 74' entra in area, cade ma si rialza subito, rincorre l'avversario che gli aveva rubato palla e con un entrata decisa ma sostanzialmente non fallosa si riprende il pallone...ma l'arbitro fischia e mostra un cartellino. Ammonizione per un fallo così? penso io. No, non è un cartellino giallo, il mangia tortillas aveva tirato fuori il cartellino rosso, la gara di Zola è durata 10 minuti. Incredibile (come l'espulsione evitata a Maldini per un fallo da ultimo uomo). Ok è finita. La voce di Pizzul sembra provenire dall'oltretomba. Questi continuano a fare possesso palla e noi corriamo dietro al pallone come dei forsennati. Ad un certo punto, mancano due minuti alla fine e non so bene come, vedo Mussi in area che vince un rimpallo; palla a Baggio, tiro all'angolo basso alla destra di Rufai, 1-1. Un miracolo. Pizzul è risorto come se avesse bevuto una damigiana di Merlot.



Cominciano i supplementari, ma come facciamo a vincere se abbiamo corso il triplo dei nigeriani (che sono sempre più veloci di noi)? E come facciamo se il nostro migliore difensore (Maldini) sembra un eroinomane che si fa scappare Yekini ad ogni azione? E' stato allora che ho capito che a calcio (per fortuna) non sempre vince il più forte fisicamente. E al 10' del primo tempo supplementare, palla a Baggio al limite dell'area di rigore, lob GENIALE che scavalca la difesa nigeriana in direzione di Benarrivo che avrà corso 30 km ma sembra ancora fresco ed Eguavoen non può far altro che atterrare il terzino del Parma. Rigore. Finalmente, caro Brizio! Guardo o non guardo? Guardo. Gol. Godo. Baggio fino alla fine della sua carriera è stato il mio incontrastato idolo calcistico.

Palo interno e gol, 2-1
Oh poi la partita non è mica finita, due minuti dopo il rigore Dino Baggio salva sulla linea di porta a Marchegiani battuto. Nel secondo tempo supplementare si fa male Mussi e chiudiamo in 9. Il divin Codino è magistrale e si conquista con astuzia punizioni che fanno rifiatare la squadra ormai stremata. 15 minuti che sembrano almeno il doppio. Alla fine non basta la classe di Jay-Jay Okocha e Sunday Oliseh, passa l'Italia ed è una liberazione...

Dopo 19 anni si ritrovano le due nazionali per il secondo incontro della loro storia che sarà sicuramente molto meno epico del primo match: una squallida amichevole giocata in un freddo lunedì di novembre, a Londra (almeno nella bellissima cornice del Craven Cottage, casa del Fulham)...stranezze del calcio moderno!

giovedì 14 novembre 2013

Di padre in figlio...e forza Islanda!

Che sia ben chiaro: stasera e martedì 19 si tifa Islanda! Mi dispiace per la Croazia che è una squadra che stimo ed è piena di tanti buoni giocatori (su tutti Modric, Mandzukic e Kovacic). Oltretutto ricordo con grande piacere la squadra che raggiunse le semifinali del Mondiale francese del 1998. Boban, Suker, Prosinecki, Stanic, Jarni... insomma una squadra spettacolare che se non avesse incontrato la Francia in semifinale....chissà!
Ma non divaghiamo, stasera cominciano gli spareggi per le qualificazioni ai Mondiali 2014, per adesso il risultato più alto mai raggiunto dalla nazionale del nord Europa, che non si è mai qualificata per nessuna grande manifestazione (Mondiali, Europei o Giochi Olimpici): la squadra dispone soprattutto di un buon potenziale offensivo, grazie a giocatori come Sigthorsson dell'Ajax e Finnbogason dell'Heerenven, per lui 11 gol in 8 partite in questo avvio di stagione e 28 in 35 partite l'anno scorso; molto importanti anche gli "italiani" Bjarnason (Sampdoria) e Halfredsson (Verona), oltre a Sigurdsson importante giocatore del Tottenham.

Ma l'Islanda è entrata nella storia anche per una storica partita giocata nel 1996. Durante un amichevole disputata davanti a 500 (!) spettatori a Tallin, capitale dell'Estonia, la nazionale locale ospita l'Islanda. Titolare in attacco l'ultra trentenne Arnor Gudjohnsen, idolo islandese autore di centinaia di gol durante la sua carriera. La storia viene scritta quando al 17° minuto della ripresa, esce Gudjohnsen ed entra...Gudjohnsen! Il figlio Eidur, ad appena 17 anni subentra a suo padre che uscendo dal campo lo abbraccia e lo bacia. E' stata la prima ed unica volta in cui padre e figlio hanno disputato lo stesso match...



Eidur è poi diventato un ottimo attaccante di Chelsea e Barcellona: indimenticabile soprattutto la parentesi inglese, dove ha formato insieme a Jimmy Floyd Hasselbaink una grandissima coppia gol (78 gol in cinque stagioni a Londra e 18 reti in Spagna con un ruolo da riserva di lusso) ed è stato il primo calciatore islandese a farsi apprezzare ai più grandi livelli europei. Gioca tuttora in nazionale ed è con 24 gol il recordman per quanto riguarda le reti segnate in nazionale (terzo in classifica il padre Arnor, 14 reti per lui).

Non si riuscirà però a realizzare il sogno del padre, ossia giocare in campo insieme al figlio. Infatti qualche mese dopo la partita in Estonia, tutti e due i Gudjohnsen vennero convocati per giocare un altra partita ma Eidur non poté rispondere alla convocazione a causa della rottura della caviglia e di una tendinite che non era stata diagnosticata: ritornerà in nazionale solo due anni dopo, ma suo padre si era già ritirato dal calcio giocato...


Aggiornamento: purtroppo l'impresa non è riuscita, dopo lo 0-0 a Reykjavik, i croati si impongono per 2-0 in casa, reti di Mandzukic e Srna. Peccato. Ma la strada è tracciata, speriamo di trovare gli islandesi agli Europei del 2016!

(storia "presa in prestito" da SportVintage)

lunedì 11 novembre 2013

Le retrocessioni della Sampdoria

Ci sono delle date che segnano inevitabilmente il destino di una squadra. Per l'Inter c'è il 5 maggio, per la Sampdoria il 22 maggio, che ormai è diventato un incubo visto che tutte le volte che i blucerchiati sono retrocessi il campionato finiva quel giorno...

Stiamo ai fatti. La prima retrocessione avvenne nell'anno 1966 e il campionato finiva il 22 maggio. Stesso giorno anche per il campionato 1977. Nel 1999 il campionato finì solamente un giorno dopo, il 23 maggio, ma i tifosi della Samp possono recriminare per un rigore inventato dall'arbitro Trentalange a favore del Bologna, Ingesson non sbaglia dal dischetto e i doriani retrocedono in serie B. Siamo al campionato 2011, storia di due anni fa. Una stagione partita dai preliminari di Champions League non può finire con una retrocessione anche se il campionato finisce il 22 maggio!, pensavano i tifosi. Invece, dopo l'eliminazione rocambolesca contro il Werder Brema e le cessioni di Cassano e Pazzini nel mercato di gennaio, è arrivata la retrocessione...il 22 maggio.
Attenzione, perché non solo il 22 maggio è rilevante, ma anche la cifra ripetuta nell'anno ('66, '77, '99, '11)! Inoltre, tutti gli allenatori che guidarono la squadra genovese in quelle quattro disgraziate stagioni erano pelati o con pochissimi capelli in testa: Fulvio Bernardini nel '66, Eugenio Bersellini nel '77, Luciano Spalletti nel '99 e il tandem Di Carlo - Cavasin nel 2011...


Nel 1988 la Samp evitò la retrocessione (anzi fece molto bene, visto che arrivò quarta), ma il campionato finiva il 15 maggio. Inutile dire che molti tifosi sampdoriani stanno già guardando con terrore al 22 maggio 2022: è una domenica, ovviamente, ma almeno sperano di avere in panchina uno coi capelli di Fellaini...

venerdì 8 novembre 2013

I 23 giorni di Massimo Taibi

Può un allenatore come sir Alex Ferguson che ha vinto (tra le altre cose) 13 (tredici!) campionati inglesi, 2 coppe dei Campioni, 5 FA Cup, 2 coppe Intercontinentali più altre vagonate di trofei, avere qualche scheletro nell'armadio? Beh sì, soprattutto se per rimpiazzare Peter Schmeichel decise di puntare su Massimo Taibi....

Ma andiamo con ordine. Nell'estate 1999 Schmeichel, storico portiere dello United dal 1991, lascia il club di Manchester: a 36 anni e reduce dalla stagione del "treble" (campionato, Champions League e coppa d'Inghilterra) le motivazioni rischiano di essere al minimo. Si cambia allora, e l'allenatore scozzese pesca in Italia, storicamente paese con una grande tradizione in fatto di portieri. In particolare Ferguson punta la sua attenzione su un portiere siciliano che gioca in una squadra del nord, il Venezia. I lagunari dopo un inizio difficoltoso, hanno cambiato marcia e si sono salvati tranquillamente. Ferguson, convinto dalle buone prestazioni di Massimo Taibi, apre il portafoglio e spende più di 4 milioni di sterline (18 miliardi di lire) per comprare il portiere italiano.



Quattro partite. Sono bastate quattro partite per rendere indelebile il nome di Taibi nella mente dei tifosi dello United, che ancora bestemmiano quando si parla del portiere italiano. All'esordio subito un errore che consente il gol del difensore del Liverpool Hyppia, ma anche buone parate; le altre partite sono disastrose: in totale 11 gol subiti di cui 5 in una clamorosa sconfitta in casa del Chelsea per 5-0 ma soprattutto un errore clamoroso contro il Southampton: tiro debole da 25 metri di Matthew Le Tissier, Taibi si accartoccia goffamente per una facile parata a terra, ma il pallone gli scivola tra le gambe ed entra lentamente in porta per la disperazione dei tifosi dell'Old Trafford. Dopo quell'errore viene soprannominato "blind Venetian", il cieco di Venezia. Anche Ferguson, dopo la disfatta col Chelsea, torna sui suoi passi e sconfessa l'importante investimento fatto pochi mesi prima: Taibi finisce in panchina e prende il suo posto l'australiano Mark Bosnich che terminerà la stagione. Dal debutto dell'11 settembre fino alla disfatta contro il Chelsea del 3 ottobre: in totale fanno 23 giorni, ma per il Times ce n'è abbastanza per considerarlo il peggior portiere della storia della Premier League, un piccolo record!

Taibi si è poi riscattato quando, riportato in Italia dalla Reggina nel mercato invernale nel gennaio del 2000, è diventato il secondo portiere a segnare su azione segnando di testa al 90' contro l'Udinese, facendo esplodere il Granillo!

giovedì 7 novembre 2013

LO SAI CHE - L'esonero di Nigel Clough

Prima c'è stato il padre, Brian Clough. L'allenatore che ha vinto due coppe Campioni (!), consecutive (!)...col Nottingham Forest (!!!), il punto più alto della sua carriera, con la squadra che ha allenato dal 1975 al 1993. Ha vinto un campionato, 4 coppe di lega, una supercoppa europea ed una Charity Shield. Da non dimenticare poi il campionato vinto col Derby County nel 1971-72, che fece conoscere Clough sr. al grande pubblico.

Poi è arrivato il figlio, Nigel. Discreto giocatore tanto da collezionare 14 presenze con la nazionale inglese, ha giocato per nove anni agli ordini del padre (dal 1984 al 1993) al Forest, facendo un ottima figura segnando 101 reti in 311 presenze. Poi viene ceduto al Liverpool dove rimane tre anni senza trovare grandi spazi, nel 1996 viene acquistato dal Manchester City dove colleziona qualche presenza ma anche i prestiti al Forest ed allo Sheffield Wednesday. Nel 1998 arriva al Burton Albion nella veste di allenatore-giocatore fino a quando si ritira nel 2009 (ormai 42enne). Appena lascia il calcio giocato, viene subito ingaggiato dalla squadra che suo padre aveva portato alla gloria, il Derby County! Fino ad un mese fa, quando Nigel è stato licenziato in seguito ad una sconfitta subìta contro l'altra squadra resa celebre dal padre, il Forest per il quale Nigel stesso ha segnato più di cento gol!


lunedì 4 novembre 2013

BLOB - Serse Cosmi

"Il calendario del Perugia? Meglio quello della Arcuri!"

Serse Cosmi, dj di professione, allenatore nel tempo libero!

domenica 27 ottobre 2013

La cavalcata del Senegal 2002...e l'addio al suo condottiero!

Al giugno del 2002, l'unica squadra africana ad aver raggiunto i quarti di finale in un Mondiale era stato il Camerun ad Italia 90. Nessuno pensava che il Senegal, alla sua prima esperienza mondiale avesse potuto eguagliare questo primato...ma partiamo dall'inizio, dalla partita inaugurale del Mondiale nippo-coreano. Quella che vedeva in campo la squadra vincitrice quattro anni prima, la Francia ed il Senegal. Si pensava ad un esordio comodo per i francesi ed invece...cross di El-Hadji Diouf, deviazioni di Desailly, Petit e Barthez, la palla arriva a Boupa Diop che a porta vuota insacca, vince il Senegal 1-0! E' una folgorazione: il balletto intorno alla maglietta per festeggiare il gol, la velocità di Diouf che fa ammattire per tutta la partita i difensori francesi, la squadra che non ha mai disputato una partita ai mondiali e che si trova al 42° posto nel ranking FIFA che non teme i campioni del mondo francesi che schierano Zidane, Trezeguet, Henry, Vieira e Thuram. Dopo il clamoroso esordio, le attenzioni adesso sono tutte per il Senegal e per il suo modo di vivere; nel mondo troppo serioso del calcio, il Senegal è una mosca bianca: ritiro aperto a tutti (dalle mogli fino ai giornalisti), balli e canti fino al mattino con i tifosi. "Prima della partita con la Francia sono andato a dormire alle 4 di mattina. Non avevo sonno, cosa avrei dovuto fare?" ricorda Diouf.

El-Hadji Diouf
Il Senegal pareggia con la Danimarca (1-1 il risultato finale) e basterebbe un pareggio contro l'Uruguay per passare il turno: ma il Senegal esagera e chiude il primo tempo sul 3-0, reti di Fadiga e doppietta di Diop; nella ripresa si sveglia l'Uruguay ma Forlan e Recoba riescono solo a pareggiare la partita, a raggiungere la fase finale c'è il Senegal, Francia e Uruguay eliminate...
Khalilou Fadiga
Gli ottavi di finale contro la Svezia. A guidare l'attacco degli svedesi c'è Henrik Larsson (madre svedese da cui prende il cognome e padre africano, di Capo Verde) che porta in vantaggio i suoi con un colpo di testa su calcio d'angolo complice anche un uscita "a farfalle" del portiere Sylva. Ma Camara non ci sta e pareggia con un gol molto bello dal limite dell'area! Il resto della partita succede poco, entra un giovane Ibrahimovic (21 anni) ma la Svezia non riesce a segnare: si va a quella bruttissima invenzione del golden goal, chi segna per primo vince. Svensson va vicinissimo al golazo, ma colpisce il palo esterno dopo una bella veronica in area di rigore e allora Henri Camara decide di diventare un eroe nazionale: smarcato da un tacco di Thiaw e circondato da difensori svedesi, si libera quel tanto che basta per scoccare un tiro velenoso... Hedman superato, palo interno e gol. Senegal ai quarti! Contro la Turchia.

Forse i quarti di finale più inaspettati, con il pubblico giapponese del Nagai Stadium di Osaka che non sa per chi tifare (anche perché probabilmente non conoscono praticamente nessuno dei giocatori in campo). I tecnici adottano lo stesso modulo di gioco (4-3-2-1) e viene fuori una partita abbastanza piatta: le squadre capiscono l'importanza della posta in palio, le semifinali sono ad un passo. Il Senegal, abbastanza frenato o forse semplicemente stanco, riesce comunque a resistere alla pressione turca e i 90 minuti regolamentari finiscono 0-0. Ancora il golden gol, ma stavolta a gioire non sono i senegalesi: un contropiede velocissimo, cross dalla destra di Umit Davala e girata di Ilhan Mansiz. Il sogno è finito, sarà la Turchia ad affrontare il Brasile in semifinale. Ma sugli spalti i tifosi senegalesi continuano a cantare e ad osannare i loro eroi. Quel Senegal è entrato nell'immaginario collettivo: il talento di Diouf, i capelli lunghissimi del terzino Ferdinand Coly, Henri Camara e Khalilou Fadiga (acquistato dall'Inter nel 2003 ma poi impossibilitato a giocare a causa di problemi cardiaci). Il centrocampo con Boupa Diop e Diao. Insomma una gran bella squadra che giocava un buon calcio, libero e spensierato. Una squadra che aveva finito i medicinali perché pensava di restare pochi giorni, giusto per giocare le partite dei gironi e che invece è rimasta fino ai quarti di finale...facendosi regalare quello che serviva dalla squadra francese che sperava di rimanere molto più a lungo!
La squadra senegalese al Mondiale 2002
Pochi giorni fa è scomparso l'allenatore di questo piccolo miracolo, Bruno Metsu. Nato nel 1954 nel nord della Francia, dopo una mediocre carriera da calciatore diventa allenatore e come tanti allenatori francesi cerca fortuna con le squadre africane. Guida la Guinea nel 2000 ma solo per pochi mesi, perché diventa l'allenatore del Senegal: oltre ai Mondiali 2002, la nazionale sotto la sua guida arriva anche per la prima volta in finale di coppa d'Africa (persa solo ai rigori nel 2001 contro il Camerun). Arriva un ingaggio importante da parte di una squadra degli Emirati Arabi, l'Al-Ain. Metsu riesce anche a vincere nella prima stagione la Champions League asiatica (primo e per ora unico successo), oltre a due campionati degli Emirati. Si sposa con una musulmana e cambia il suo nome: diventerà Abdoul Karim. Allenerà in seguito anche le nazionali degli Emirati Arabi (2006-2008) e il Qatar (2008-2011). Nel 2012 sostituisce Diego Armando Maradona alla guida del Al Wasl, squadra di Dubai, salvo lasciare l'incarico a causa di un peggioramento delle sue condizioni fisiche. A luglio rilascia un'intervista all'Equipe in cui dichiara: "Sono andato a fare delle analisi del sangue e senza pensarci su mi dissero che ero in fase terminale a causa di un cancro al colon, al fegato e al polmone. Mi hanno dato tre mesi di vita. Lo choc fu enorme". Il 15 ottobre, l'allenatore che ha portato la nazionale senegalese a livelli impensabili è morto nella sua Coudekerque, dov'era nato 59 anni prima.

Bruno Metsu

martedì 22 ottobre 2013

Scommettiamo che...

...che il mio pargolo diventerà famoso?

Harry Wilson
Si sa che oltremanica scommettono su tutti gli argomenti possibili ed immaginabili. Adesso i familiari scommettono sull'esplosione dei loro giovani figli e nipoti e con un po' di fortuna possono incassare somme anche molto importanti! Pete Wilson, quando suo nipote aveva due anni, scommise 50 sterline sul suo esordio in nazionale. Con l'esordio quotato a 2500 il nonno ha incassato 125.000 sterline! Inoltre Wilson ha strappato a Gareth Bale il primato per l'esordio nella nazionale gallese esordendo a soli 16 anni e 207 giorni (contro i 16 anni e 315 giorni del neo acquisto del Real Madrid). Un esordio dettato dalla fretta perché il C.T. del Galles Chris Coleman, temeva che il collega inglese Roy Hodgson sfruttasse la nonna nata in Inghilterra e convocarlo per la sua nazionale. Rischio scongiurato nonostante le perplessità di un veterano del Galles come Craig Bellamy, che ha criticato la convocazione troppo affrettata senza la solita trafila delle nazionali giovanili...

Molto fiducioso sulle capacità del figlio anche il padre di Ryan Tunnicliffe, Mick, che quando il figlio aveva 9
Ryan Tunnicliffe
anni, puntò 100 sterline sull'esordio del figlio con il Manchester United: scommessa incassata quando il 26 settembre 2012, il figlio Ryan è subentrato a Vermijl nella vittoria contro il Newcastle per 2-1 in coppa di Lega. E con un assegno di 10.000 sterline che finisce nelle tasche del padre!
Stesso tipo di scommessa che aveva fatto anche uno zio di Rooney, che col nipote tredicenne aveva scommesso sul suo esordio al Mondiale del 2006, competizione a cui l'attaccante inglese a partecipato anche se in extremis visto un infortunio subìto qualche mese prima. Anche il padre del portiere Chris Kirkland ha vinto puntando sull'esordio in nazionale del figlio prima dei 30 anni: scommessa vinta, ma l'esordio di Kirkland in un'amichevole contro la Grecia nel 2006 è rimasta l'unica presenza per il giocatore...

domenica 13 ottobre 2013

Lo strano caso di Dr. Eriberto e Mr. Luciano

E' il 94esimo e c'è una punizione dal lato destro del campo e il Venezia deve rimontare un gol di Binotto. Tutta la squadra in area di rigore, compreso il portiere Taibi. Batte Enrico Buonocore. Cerca di attuare uno schema, ma la palla è talmente lenta che viene intercettata da uno dei due componenti della barriera, che inizia a correre verso la porta sguarnita. Il povero Sergio Volpi, cerca di fermarlo, prova a strappargli la maglietta, non ci riesce; allora prova a tranciargli le gambe: neanche sfiorato, troppo lento Volpi e troppo veloce questo ragazzo nero con la maglia gialla da trasferta del Bologna. Fa 80 metri, praticamente l'intero campo. Basta un tiro appena angolato per depositare in rete. L'unica cosa che ho pensato dopo questa cavalcata è stata: "Un infarto, un infarto, mioddio ho un infarto!!!"


C'è stato un periodo in cui Eriberto Conceiçao da Silva era il beniamino di noi tifosi del Bologna. Certo, non sapeva fare grandi cose, ma correva. Correva velocissimo. Era incostante, spesso sbagliava le cose più elementari e subito dopo faceva un dribbling impossibile. Poi quel periodo è finito: troppa vita notturna fuori dal campo (compreso un incidente sui viali che circondano la città, presi in contromano e corsa finita contro un'utilitaria), troppa indolenza sul campo. Allora nel 2000-01 è stato ceduto in serie B al Chievo, all'epoca sconosciuta squadra di un quartiere di Verona; 4 reti (il doppio di quelle segnate in due anni a Bologna) e arriva subito la promozione. Il primo anno in serie A è incredibile, sia per il Chievo che per Eriberto: 5° posto (e qualificazione alla coppa Uefa) per la squadra allenata da Delneri  e la consacrazione per il brasiliano. Con 4 reti e la fascia destra di sua proprietà, mentre sulla fascia sinistra gioca Thomas Manfredini, classe '70, cresciuto nelle giovanili della Juve e alla prima esperienza in serie A dopo tanta gavetta. Sono le frecce nere del Chievo e conquistano le attenzioni di tutte le grandi squadre. Particolarmente interessata è la Lazio che propone qualcosa come 24 milioni di euro per le due ali del Chievo (18 per Eriberto e 6 per Manfredini) più Emanuele Pesaresi. L'affare non va in porto perché il Bologna (che era ancora comproprietario del cartellino del giocatore) si mette di traverso, preferirebbe venderlo alla Juve per ricevere qualche giocatore in cambio. Le trattative sono estenuanti.


Poi in quell'estate 2002 succede qualcosa. Squilla il telefono di Campedelli, presidente del Chievo, dall'altro capo del telefono c'è l'ala brasiliana che da Rio de Janeiro confessa: "Non sono Eriberto. Mi chiamo Luciano Siqueira de Oliveira. Non sono nato il 21 gennaio 1979, ma il 3 dicembre 1975". Non ho l'età, canterebbe Gigliola Cinquetti. Dopo la rivelazione del giocatore cominciano a girare voci abbastanza preoccupanti, ad esempio di una banda di criminali che lo ricattava e minacciava di rivelare il segreto a tutti, ma a rivelare come sono andate le cose ci pensa lo stesso giocatore. Nel 1996, Luciano è un ragazzo povero che vuole entrare nelle giovanili del Palmeiras, storica big del calcio brasiliano, ma ha già 21 anni e non interessa più di tanto ai club brasiliani, un 17enne invece è molto più appetibile...

I quattro anni in più, gli consentono di imporsi sui veri ragazzini brasiliani e il suo nome comincia a circolare. Col Palmeiras vince una coppa del Brasile nel 1998 e in estate viene acquistato dal Bologna per 5 miliardi di dollari. Il resto è storia nota.
Il figlio nato nel 2000, non ha avuto il cognome del padre per tentare di tenere nascosto il cambio d'identità ma su pressione della moglie il giocatore si è liberato di questo peso e riappropriato della sua identità. Non c'erano ricatti, c'è stata semplicemente una fuga dalla povertà. Dopo un attimo di sbigottimento e rabbia, il presidente Campedelli (che sperava di ricavare dalla cessione del giocatore soldi vitali per le casse della società), tutto il Chievo e più in generale il mondo del calcio italiano, aspettano a braccia aperte il suo ritorno in Italia e gli mostrano una grande solidarietà, così come il suo compagno di fascia sinistra Manfredini (lui sì passato alla Lazio). Verrà squalificato (inizialmente per un anno, poi ridotta a sei mesi visto il pentimento e la collaborazione con la magistratura). Ma torna ed è molto più tranquillo, gioca anche 6 mesi all'Inter senza lasciare grandi ricordi. Dopo Sergio Pellissier è il giocatore che detiene più presenze in serie A nella storia del club, avendo vestito la maglia gialloblu per 231 volte...


"In effetti mi sembrava più vecchio, lo prendevamo sempre in giro per questo" il ricordo dell'ex compagno al Bologna, Gianluca Pagliuca

giovedì 10 ottobre 2013

Paolo Poggi: velocissimo e...introvabile!

La scorsa settimana, il centrocampista del Milan Sulley Muntari è andato in rete dopo soli venti secondi. Fa sempre scalpore segnare in così poco tempo, ma ci sono stati altri giocatori (in serie A e in campo internazionale) che hanno fatto meglio di Muntari. Ad esempio Marco Branca, che in un Udinese-Fiorentina del 1993 finito 4-0, l'attuale direttore sportivo dell'Inter impiegò solo 9 secondi e 1 decimo per battere il portiere viola Mareggini. Ma il record per ora appartiene ancora a Paolo Poggi: il 2 dicembre 2001, Poggi impiegò solo 8 secondi e 9 decimi e curiosamente la vittima era ancora la Fiorentina..."Otto secondi sono davvero pochi, mister Novellino non si era neanche seduto!", il  ricordo dell'attaccante piacentino.

Paolo Poggi, nato a Venezia classe '71, cresce nel vivaio della sua città ma debutta in serie A con il Torino. Sarà decisivo per la conquista della coppa Italia del 1993 (ultimo trofeo vinto dai granata), segnando in semifinale due reti ai rivali della Juventus, una all'andata (1-1 il risultato) e una al ritorno (2-2). Nel 1994 viene acquistato dall'Udinese (serie B) e arriva subito la promozione; non c'è dubbio che in Friuli vivrà gli anni migliori. Non è mai stato un grande goleador, piuttosto un attaccante che si sacrificava per la squadra ma nei suoi primi tre anni nella massima serie all'Udinese realizza rispettivamente 9, 13 e 10 reti, contribuendo a scrivere delle pagine bellissime per i bianconeri; infatti arrivano anche due partecipazioni alla coppa Uefa nel '97 e nel 2000 (5 presenze e un gol in totale).
D'altronde stiamo parlando di un tridente formato da Bierhoff, Amoroso e Poggi, un lusso per quegli anni! A metà della stagione 1999-2000 viene ceduto alla Roma (11 presenze senza nessuna rete) e visto che non trova spazio viene ceduto al Bari ma 4 gol non bastano ad evitare la retrocessione. Passa al Parma che lo gira in prestito al Piacenza, in quella stagione centra il record di cui sopra e con la squadra arriva ad un buon dodicesimo posto grazie anche ad un attacco cult: su tutti Dario Hubner capocannoniere del campionato con 24 gol, Carmine Gautieri ed Eusebio Di Francesco (in quella stagione raccolse 7 presenze senza reti anche Amauri)...Finita l'esperienza al Piacenza e a soli 31 anni compie una scelta coraggiosa, rinuncia ad un buono stipendio pur di raggiungere il suo Venezia in serie B (nonostante la squadra fosse appena stata spolpata dal presidente Zamparini, migrato a Palermo con molti giocatori): per andare agli allenamenti prendeva il vaporetto! "Mi hanno detto se ero matto. Rinunciare alla serie A per una squadra disastrata di serie B. Incomprensibile, secondo loro, sia dal punto di vista professionale che economico. Altri però l'hanno invece capita e apprezzata". Poi nel 2002-03 il ritorno con l'Ancona (e come compagno d'attacco ritrova Hubner) in serie A ma a gennaio è di nuovo al Venezia, poi finisce a Mantova in serie C1 (ancora insieme a Hubner!) che trascina in serie B e poi ai playoff per la promozione persi contro il Torino l'anno successivo. Chiude la carriera giocando tre anni nel Venezia che ripartiva dopo il fallimento e nel 2009 lascia il calcio.   

Ma Paolo Poggi 15 anni fa era famoso anche per un altro motivo: nel 1997 la Topps (marca di gomme da masticare) decide di lanciare una raccolta di figurine (tre all'interno di ogni confezione di gomme al costo di 100 lire) e un album che si poteva ritirare gratuitamente in tabaccheria e quelli che completavano l'album avrebbero ricevuto in cambio un pallone e una maglia della squadra del cuore. In effetti l'idea è buona e il successo è notevole: è facile vedere ragazzi che escono da scuola e spendono la loro esigua paghetta per comprarsi il maggior numero possibile di gomme e figurine (ogni riferimento al sottoscritto è puramente casuale). Il problema è che la maggior parte degli album è incompleta: non si trovano le figurine di Paolo Poggi e Sergio Volpi. Un dramma! Ragazzi che avevano diversi album quasi completi, voci incontrollate di amici che avevano trovato le figurine mitologiche, ragazzi del nord che credevano che Poggi & Volpi erano in commercio solo al sud (e viceversa). Poggi che ricordava quei giorni: "Mi ricordo che ogni allenamento venivano a chiedermi questa benedetta figurina, ma non sapevo come aiutarli". Un casino pazzesco, mancava solo un'interrogazione parlamentare (anche se c'è stata un'indagine del programma televisivo "Mi manda Lubrano", quando la stessa Topps ha ammesso in trasmissione che la tiratura delle due figurine era molto limitata, solamente 50-100 esemplari messi in circolazione). Insomma, album incompleto e niente maglia del Bologna: e chi se li scorda Poggi e Volpi?

Incubi.....

sabato 5 ottobre 2013

La foto della settimana - Ciprian Marica




Cosa c'è di strano in questa fotografia? Beh apparentemente niente. Il Getafe presenta il suo nuovo acquisto, l'attaccante rumeno Ciprian Marica. La particolarità sta proprio nel nome sulla maglietta al posto del cognome Marica: infatti il cognome del calciatore rumeno è molto simile alla parola che significa checca in spagnolo, "maricon"...

martedì 1 ottobre 2013

FRATELLI DI... - Marco Pecoraro Scanio

Tutti (non esageriamo...molti) conoscono Alfonso Pecoraro Scanio, ex leader dei Verdi ed ex Ministro delle Politiche agricole. Però non tutti sanno che suo fratello Marco per anni è stato il fratello famoso della famiglia.

Centrocampista cresciuto nelle giovanili dell'Inter (l'Inter non si fa mai scappare i grandi talenti...), debutta a
20 anni in serie A nel 1981-82 con l'Avellino. Viene mandato in prestito in C1 al Rimini dove incrocia...Arrigo Sacchi! Il profeta di Fusignano lo fa giocare tanto (29 presenze) e ottiene anche 3 gol. La stagione successiva ancora C1 stavolta con la Salernitana; le tre stagioni successive ritorna in Irpinia ma raccoglie poche presenze (15 in tutto), quindi scende di categoria e disputa due stagioni con Cagliari e Genoa. All'inizio della stagione 88-89 torna alla Salernitana in C1, e nel 1990 conquista la promozione in B. Ad ottobre del 1991 finisce all'Ancona e al termine di una bella stagione viene promosso in serie A, prima volta di sempre della squadra marchigiana in serie A. Promozione centrata al Dall'Ara di Bologna, davanti ad un incredibile folla di più di 10.000 tifosi che invasero la città, mostrando una passione incredibile nonostante la pioggia.

L'Ancona retrocede subito, ma nella stagione successiva (1993-94) riuscirà incredibilmente ad arrivare in finale di coppa Italia: dopo aver eliminato Giarre, Napoli, Avellino, Venezia e Torino, arrivano in finale contro la Sampdoria che all'epoca era una delle grandi del campionato, ma il formato della finale (andata e ritorno) concede poche possibilità ai biancorossi che riescono a pareggiare 0-0 in casa ma perdono 6-1 a Marassi (Gullit, doppietta di Lombardo, Vierchowod, Bertarelli ed Evani per la Samp, gol della bandiera di Lupo per l'Ancona).

Marco Pecoraro Scanio ad ottobre del 1994 si trasferisce al Lecce e a fine stagione annuncerà il suo ritiro dal calcio. E nel 2006 viene eletto Senatore.

giovedì 26 settembre 2013

Il carnevale di Edmundo

Era impegnato in quei mesi. Aveva un "serio problema personale da risolvere", così era ritornato nel suo adorato Brasile. Anche perché il serio problema personale era un processo per omicidio colposo dovuto ad un incidente del 1995 in cui erano morte tre persone. Edmundo Alves de Souza Neto era sbarcato in Italia nel gennaio del 1998. Dopo una buona carriera in Brasile dove veste le maglie di Vasco da Gama, Palmeiras, Flamengo e Corinthians, vincendo 3 campionati brasiliani (nel '93 e '94 col Palmeiras, nel '97 col Vasco da Gama), 2 campionati paulisti e un campionato carioca oltre ad un titolo di capocannoniere (29 gol nel 1997) e la coppa America con la nazionale. Un buon curriculum, non c'è che dire, tanto che Vittorio Cecchi Gori lo paga 13 miliardi di lire. Ma in quel gennaio del '98, il nostro conosce per la prima volta una cosa a lui molto sgradita: la panchina. L'allenatore Malesani all'inizio lo considera poco; "Non sono mai stato in panchina, nemmeno quando avevo otto anni" specifica l'attaccante. E allora prende l'aereo e torna in Brasile. Aveva il processo, certo, ma c'era anche il carnevale di Rio. Il 16 marzo torna in Italia col capo cosparso di cenere ("Sono pentito di quello che ho fatto, ma non potevo agire in modo diverso") e pochi giorni dopo arriva anche il primo gol in serie A contro il Napoli.


Tutto risolto? Sembra di sì. Ma l'anno dopo, con la Fiorentina prima in classifica e con Gabriel Batistuta fuori per infortunio, il brasiliano torna al suo amato Carnevale. Mentre la Fiorentina perde punti preziosi e lo scudetto diventa un miraggio, Edmundo se la spassa a Rio de Janeiro facendo bere della birra ad una scimmietta. Immaginate la gioia di Giovanni Trapattoni, allenatore della squadra...


Una decisione sciagurata ovviamente, ma nel suo contratto c'era una clausola che consentiva al giocatore di partecipare alle sfilate carnevalesche, quindi in parte è anche colpa della società se si è verificata questa spiacevole situazione.
Dopo l'anno e mezzo a Firenze, il giocatore torna in Brasile per due campionati con Vasco da Gama e Santos, segnando 26 gol in totale. Edmundo decide di riprovarci col calcio italiano: a Napoli il giorno della sua presentazione soni in 20.000 al San Paolo. Purtroppo, un infortunio alla prima giornata gli fa disputare solo metà stagione e mai al top della condizione fisica, e quell'anno il Napoli retrocesse...
Edmundo finisce anche in Giappone ai Tokyo Verdy, per poi ricominciare il suo giro in Brasile. Da segnalare i 13 gol segnati col Vasco da Gama a 37 anni suonati.

sabato 21 settembre 2013

LO SAI CHE? - La squadra dei sogni



Allora, in porta Gordon Banks. Roberto Carlos e Cafu sulle fasce. Cruyff, Gascoigne e Maradona dietro Messi e Lineker e giocano tutti in una squadra inglese che milita in sesta categoria, l'FC Franborough. Non male, vero? E' l'idea che è venuta a quei mattacchioni di Paddy Power, famoso bookmaker irlandese: usare i nomi di tutti i più grandi giocatori nella storia del calcio e in cambio firmare il contratto di sponsorizzazione (e rinominare lo stadio in Paddy Power Park). C'è anche un italiano (Maldini) e pure l'allenatore ha cambiato nome, adesso si chiama Josè Mourinho. Il gioco è fatto e la squadra ottiene visibilità in tutto il mondo...


mercoledì 11 settembre 2013

La dinastia degli Aubameyang

Dopo la tripletta all'esordio in Bundesliga (un impresa riuscita solo ad altri sei calciatori prima di lui), è finito sotto i riflettori Pierre-Emerick Aubameyang, nuovo acquisto del Borussia Dortmund acquistato in estate dal Saint-Etienne per 14 milioni. Ma Pierre-Emerick è solo l'ultimo degli Aubameyang a far parlare di sé...

Il padre. Pierre François Aubameyang è stato un modesto difensore, nato in Gabon nel 1965. Anni di militanza in giro per il mondo, con una grande militanza nello Stade Lavellois in Francia dal 1984 al 1991, fino a quando nel 1996-97 finisce a giocare nella Triestina, in serie C2 e qui la vita di Pierre cambia radicalmente. Dopo aver perso un volo diretto per Parigi all'aeroporto di Trieste, si dirige verso l'aeroporto di Venezia per prendere un altro aereo; qui, Ariedo Braida, direttore sportivo del Milan, lo scambia per il calciatore rossonero George Weah; resosi conto dell'errore Braida decide comunque di offrire un passaggio fino a Venezia al gabonese e durante il tragitto, Pierre parla al dirigente milanista dei suoi tre figli. Braida incuriosito dalla parlantina di Aubameyang, decide di dargli fiducia e nel giro di pochi anni i suoi tre figli giocheranno con la maglia del Milan (con scarse fortune), mentre Pierre è tutt'ora nello staff degli osservatori del Milan, col compito di scovare i giovani talenti francesi e africani. 



Catilina. Nome da senatore romano, il maggiore dei fratelli Aubameyang è arrivato in Italia nel vivaio della Reggiana nel 1998. Nel 2000 viene acquistato dal Milan, dove viene inizialmente parcheggiato in primavera. Esterno di centrocampo, provato da Ancelotti anche come terzino, ma i limiti tecnici del giocatore erano evidenti. Nonostante tutto colleziona una presenza in coppa UEFA e l'anno successivo una in Champions League e una in campionato (contro il Piacenza, persa 4-2 con Ancelotti che schierava tutte le riserve possibili in vista della finale di Champions poi vinta ai rigori contro la Juve). A Milano, Catilina viene ricordato soprattutto per una scazzottata con Gattuso: prima di una partita contro il Bayern Monaco nell'ottobre 2002, Ringhio si arrabbiò dopo una serie di brutte entrate del gabonese che gli rispose per le rime...dentro lo spogliatoio volarono gli stracci! Dopo la breve esperienza rossonera, inizia la parabola discendente: Triestina (serie B), Rimini (serie C1) e Ancona (C2), prima di lasciare l'Italia per la Svizzera (Lugano e Chiasso), poi il ritorno in Gabon al 105 Libreville con tanto di campionato vinto, la Francia (Paris FC, Ajaccio e Gazelek Ajaccio), fino al ritorno in patria con l'FC Sapins.



Willy. Attaccante classe '87, nel 2005 entra nelle giovanili del Milan e si mette in mostra nel trofeo Berlusconi 2006, la classica partita di inizio stagione contro la Juventus. Nel 2007-08 entra nella rosa della prima squadra ma gioca solo una partita di coppa Italia contro il Catania. Cominciano la serie di prestiti: Avellino in serie B (30 presenze ma solo un gol), l'Eupen (seconda serie belga), il Monza (serie C1), il Klimarnock in Scozia, poi il ritorno in patria al FC Sapins col fratello maggiore Catilina. Sembrava destinato ad una carriera migliore, Filippo Galli (suo allenatore ai tempi della primavera del Milan) parlava molto bene di lui, Galliani affermò che in caso di squalifica per doping di Borriello, "Willy resterà con noi tutta la stagione". Tenuto in buona considerazione, ma non è mai esploso. 



Pierre-Emerick. Il migliore dei tre, se ne accorge subito anche il padre ("a livello tecnico è certamente il più bravo dei tre"). Arriva nella primavera del Milan nel gennaio 2007, capocannoniere della Champions Youth Cup del 2007, nel 2008-09 va in prestito al Digione (seconda serie francese), l'anno successivo al Lilla e nel 2010-11 al Monaco senza impressionare. Il suo girovagare in prestito finisce quando approda al Saint-Etienne nel gennaio 2011. Il suo cartellino viene acquistato dalla squadra francese a prezzo di saldo (2 milioni di euro) e Pierre ripaga la fiducia realizzando in due stagioni 16 e 19 gol. Ad oggi conta 33 presenze e 12 gol in nazionale, quella del Gabon (avrebbe potuto anche essere convocato dalla nazionale francese, con la quale aveva disputato una partita con l'under 21) e un'esperienza alle Olimpiadi di Londra 2012...Il migliore della famiglia, e l'unico a non aver mai giocato nella prima squadra rossonera, qualche domanda a Milanello dovranno pur farsela...



P.S: una curiosità, il 17 Novembre 2010 in occasione della partita persa contro il Senegal 1-2, tutti e tre i fratelli Aumbameyang sono scesi in campo per il Gabon!

venerdì 6 settembre 2013

La foto della settimana - Maradona è megl 'e Pelè (?)

Stando a quello che dice Maradona, le dimensioni contano...ecco la foto, che Maradona ha mostrato in mondovisione (ad una riunione contro la Conmebol organizzata da Romario e Chilavert...), che ritrae Pelè e Beckenbauer sotto la doccia. "Chi è il più grande dei due? Questo (alludendo a Pelè) sicuramente è il più piccolo". E tutti a ridere. Avrà anche ragione il simpatico Diego, però lui è una persona piccola. Che forse è anche peggio che avercelo corto...


mercoledì 4 settembre 2013

Lo stemma del Brescello

Ci sono squadre che ti rimangono impresse nella memoria. In questo caso, più che la squadra, mi ricorderò per sempre dello stemma della squadra. Quando ancora collezionavo le figurine Panini (diciamo fino a dieci anni fa), ogni volta che trovavo questo stemma ero contentissimo:


Era il logo del Brescello, società che dalla metà degli anni '90 è stata protagonista in serie C2 e C1. Piccola città di 5000 abitanti in provincia di Reggio Emilia, deve la sua fama ai film di Peppone e Don Camillo girati in città negli anni '60. Molto furba l'idea della società sportiva, che ha scelto di utilizzare per il simbolo della squadra i due personaggi che vengono associati immediatamente alla città reggiana; così il disegno del parroco e del sindaco iscritto al partito comunista perennemente in contrasto tra di loro, diventa il simbolo anche della squadra di calcio. Nel 2005 l'Unione Sportiva Brescello viene dichiarata fallita e deve ripartire dal gradino più basso del calcio (la terza categoria) col nome di Polisportiva Brescello e ha cominciato la lenta risalita verso il calcio che conta e adesso si trova in Promozione...

venerdì 30 agosto 2013

Aggiornamenti dai preliminari di Champions

Una delusione ed una sorpresa dopo l'ultimo turno preliminare della Champions...

La delusione: la vittoria per 2-0 nella gara di andata aveva illuso un po' tutti. E' vero che bisognava disputare il ritorno in casa degli scozzesi del Celtic (peraltro, squadra che tifo in Scozia), però lo Shakhter Karagandy poteva veramente diventare la prima squadra del Kazakistan a disputare la Champions League. La vittoria del Celtic (il terzo gol segnato solo al 92', dopo alcune buone occasioni create dallo Shakhter) ha spezzato questo piccolo sogno, ma la squadra kazaka sarà comunque la prima del suo paese a giocare l'Europa League. Quest'anno il giovedì si tiferà Finonchenko, Khizhnichenko & co, poche storie!



La sorpresa: 13 squadre prima di trovare la felicità e la consacrazione. Tante sono le squadre che Federico Piovaccari, attaccante classe 1984, ha dovuto cambiare prima di approdare alla gloriosa Steaua Bucarest (campione d'Europa nel 1986). Dalle giovanili della Pro Patria all'Inter, dai campi polverosi della serie C (Vittoria, San Marino, Ravenna) fino alla serie B (Triestina, Treviso). Poi la consacrazione con il Cittadella nel 2009-10 (capocannoniere con 23 gol del campionato cadetto) e le delusioni con Sampdoria, Brescia e Novara, prima dei 7 gol in 17 presenze nel Grosseto ormai retrocesso l'anno scorso. Infine ecco la Steaua ed ecco i gol, già uno in campionato e tre nei preliminari di Champions che sono valsi la possibilità di disputare la fase a gironi (la squadra rumena è stata inserita nel girone con Chelsea, Schalke 04 e Basilea). I have a dream: un gol di bomber Piovaccari a Stamford Bridge!

Federico Piovaccari

domenica 25 agosto 2013

Aaron Ramsey porta sfiga ai V.I.P.???

A volte succede che ti vengono appiccicate delle etichette e dopo fai fatica a togliertele. Prendiamo ad esempio il caso di Ramsey, centrocampista gallese in forza all'Arsenal: sul web circola una leggenda secondo la quale ad un gol del giocatore, corrisponde la morte di un personaggio famoso. Vediamo quali sono le coincidenze che hanno fatto nascere questa assurda "maledizione":
1 maggio 2011, rete contro il Manchester United - 2 maggio 2011, viene ucciso Bin Laden
2 ottobre 2011, gol contro il Tottenham - 5 ottobre 2011, muore Steve Jobs
19 ottobre 2011, gol contro l'Olympique Marsiglia - 20 ottobre 2011, viene ucciso Gheddafi
11 febbraio 2012, gol contro il Sunderland - 11 febbraio 2012, muore Whitney Houston.
15 maggio 2013, gol contro il Wigan - 17 maggio 2013, muore Jorge Videla.

Pochi giorni fa (il 21 agosto), ha segnato contro il Fenerbahce...molti allocchi si aspettano a brevissimo la morte di un personaggio famoso. Ma non considerano che Ramsey ha segnato 14 volte in carriera (più le 6 reti in nazionale) e quindi le altre reti non sono abbinate a nessuna morte famosa. Ma ormai Ramsey è quello che ammazza i personaggi famosi...


Update, visto che la "maledizione" di Ramsey continua e continuano gli articoli in rete di una banalità clamorosa...
30 novembre 2013, doppietta contro il Cardiff - 30 novembre 2013, muore Paul Walker
10 agosto 2014, rete contro il Manchester City - 11 agosto 2014, muore Robin Williams
6 dicembre 2014, rete contro lo Stoke City - 7 dicembre 2014, muore Mango

sabato 15 giugno 2013

So long, Mido!

Signori, ha appeso le scarpe al chiodo un grande talento di questo sport che tanto ci piace...Abdelamid Hossam Ahmed Hussein, meglio conosciuto come Mido!

Egiziano, nato nel 1983, si ritira quindi a soli 30 anni, davvero pochi, ma del resto la sua carriera era in parabola discendente da molti anni... Si mette in mostra giovanissimo in patria allo Zamalek e viene acquistato nel 2000 dai belgi del Gent per poi passare all'Ajax la stagione successiva. Ad Amsterdam però cominciano i problemi: del resto trovarsi in squadra "teste calde" come Zlatan Ibrahimovic e Andy van der Meyde, non aiuta. Come ricorda van der Meyde nella sua biografia, Mido e Ibrahimovic si sfidavano in folli corse in macchina sulle strade della periferia di Amsterdam. Ma i due attaccanti ci mettono poco a litigare, e al termine di una discussione piuttosto animata dopo una sconfitta contro il PSV Eindhoven, l'egiziano lancia un paio di forbici contro lo svedese, che per fortuna si conficcano nel muro. Ibra nella sua biografia, a proposito di Mido: "E' come me, ma peggio".


Lascia l'Ajax ma continuano i problemi disciplinari e non poteva mancare uno scazzo con Didier Drogba suo compagno di squadra al Marsiglia nel 2003-04: prima erano amici, poi quando Drogba ha conquistato le simpatie dell'allenatore Anigo e il posto da titolare, l'ivoriano ha rivelato che Mido non gli rispondeva più al cellulare. Quando Ibrahimovic arriva alla Juve nell'estate 2004, anche Mido arriva in Italia acquistato dalla Roma (squadra che per tanto tempo aveva seguito Ibrahimovic). Ovviamente la presentazione dell'egiziano è sopra le righe e Mido non si tira indietro nel confronto col suo "rivale": Ibrahimovic è bravo ma io segno di più! A Roma 8 presenze e 0 reti...


Altri problemi anche in nazionale. Durante la coppa d'Africa 2006, Mido ha avuto una discussione col suo commissario tecnico Shehata a causa di una sostituzione non gradita nella semifinale contro il Senegal; l'Egitto poi ha vinto il torneo e Mido ha guardato la finale dalla tribuna. Dopo due buoni stagioni col Tottenham (dal 2005 al 2007), la carriera dell'attaccante egiziano è stata uno stanco trascinarsi nella vana speranza di f
Middlesbrough, Wigan, Zamalek, West Ham, ancora Ajax e ancora Zamalek, prima di chiudere quest'anno con il Barnsley (seconda categoria inglese). Lascia con 23 gol in 51 presenze con la nazionale e tanti rimpianti per un talento che doveva essere fruttato molto meglio...